Crac bis per la Tonutti Wolagri, l’ex amministratore a giudizio

UDINE. Il fallimento della “Tonutti Wolagri spa” continua a riservare strascichi giudiziari al suo allora amministratore delegato, Carletto Tonutti. A cinque anni dalla sentenza con cui il tribunale di Udine ha dichiarato conclusa l’attività della storica fabbrica di macchine agricole di Remanzacco, l’imprenditore, oggi 70enne e residente a Tricesimo, è stato rinviato a giudizio per una nuova ipotesi di bancarotta fraudolenta. Il relativo decreto è stato emesso ieri dal gup Andrea Odoardo Comez, al termine dell’udienza preliminare. Ritenendo necesssario il vaglio dibattimentale, il giudice ha indicato nel prossimo 27 ottobre l’avvio del processo davanti al tribunale collegiale.
Un procedimento, questo istruito dal pm Marco Panzeri, che fa il paio con quello già in corso d’istruttoria dibattimentale per fare chiarezza sulla serie di operazioni e di «pagamenti preferenziali» considerati dagli inquirenti la premessa per l’aggravio dei bilanci della società, in condizioni di «grave situazione finanziaria» quantomeno a partire dal 2009, a tutto danno dei creditori (oltre 400), per un importo complessivo di oltre 19 milioni di euro.
Ora, nella “costola” aperta sulla scorta degli ulteriori elementi investigativi successivamente raccolti dalla Guardia di finanza, a non convincere è la cessione del contratto di locazione finanziaria dei due fabbricati di Remanzacco che il 18 dicembre 2009 l’azienda, all’epoca denominata “Tonutti industria macchine agricole spa”, definì con la “Fin.Nordest spa Finanziaria immobiliare”, all’epoca denominata “Tonutti group spa” e di cui l’imputato era pure amministratore delegato. Un «conflitto di interessi», secondo la Procura, che finì per condizionare a sua volta le sorti della fallita. E non soltanto perché il prezzo concordato in 1 milione 872 mila euro, «in assenza di apposita perizia di stima», è apparso «sensibilmente inferiore a quello corrispondente al reale valore di mercato dei fabbricati». E perché il saldo avvenne per 797.707 euro con compensazioni con pregresse partite debitorie che la fallita aveva con la finanziaria, e per la restante quota con bonifici bancari disposti tra il marzo e il settembre dell’anno successivo.
A balzare all’occhio degli inquirenti è stata anche l’operazione con cui, il successivo 1° marzo 2010, la Tonutti industria macchine agricole sottoscrisse con la Fin.Nordest un contratto di locazione immobiliare con un canone annuo di 260.160 euro. Mossa finalizzata a continuare l’attività d’impresa in quegli immobili, ma che – a dire della pubblica accusa – la gravò così di canoni «di fatto equivalenti a quelli, pari a 254.970 euro, derivanti dal contratto di leasing ceduto». Per non dire del fatto che, in conseguenza della cessione di quello stesso contratto di leasing, la Tonutti realizzò una sopravvenienza attiva di 1 milione 230.821 euro, «in assenza della quale – osserva la Procura – avrebbe chiuso l’esercizio 2009 con una perdita di circa 1 milione di euro» e che la sopravvenienza era «in ogni caso inferiore di almeno 757.434 euro rispetto a quella che sarebbe stata realizzata con una corretta quantificazione del valore di mercato degli immobili».
Da qui, considerate le ricadute negative patite dalla società dopo averla «privata di un rilevante asset patrimoniale», l’accusa della bancarotta fraudolenta per distrazione. Ipotesi che Tonutti, difeso dall’avvocato Maurizio Miculan, è pronto a respingere.
«Nei processi per bancarotta, caratterizzati da complessità fattuale e tecnica, è il dibattimento la sede naturale in cui trattare il merito dell’accusa – ha affermato il difensore –. Nel caso di specie, si punterà a dimostrare la congruità del prezzo di cessione del contratto di leasing, evidenziando come, in ogni caso, l’immobile non sia mai entrato nel patrimonio della fallita, con l’evidente conseguenza che su di esso i creditori della stessa mai hanno potuto far affidamento come garanzia dei loro crediti. Inoltre, la cessione del contratto risale al 2009 – aggiunge l’avvocato Miculan –, mentre lo stato di insolvenza della società, secondo la ricostruzione della Guardia di finanza, risalirebbe alla fine del 2013. È evidente – la conclusione – che quando l’operazione è stata eseguita la società era in bonis e, quindi, difetta il dolo specifico, inteso come consapevolezza e intenzione di arrecare un danno alla massa di creditori». —
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