È fallita la Tonutti Wolagri

UDINE. La Tonutti Wolagri è fallita. A mettere la pietra tombale su una vicenda che si protrae da mesi, è il tribunale di Udine su richiesta del pm Raffaele Tito. La notizia arriva nella fase della speranza: fornitori e banche avevano dato l’ok al concordato preventivo presentato dalla Bargam (subentrata nella gestione ai Tonutti). Ma fuori tempo massimo.
Vano l’accordo di ristrutturazione del debito ufficializzato venerdì, perché «il giudice non può diluire i tempi a suo piacimento», si legge nella sentenza fallimentare depositata ieri che condanna l’ottantina di lavoratori rimasta a Remanzacco.
«Siamo davanti all’ennesima azienda che fallisce – protesta Giuseppe Mazzotta della Fiom Cgil –. Convocherò un’assemblea straordinaria con i lavoratori per domani mattina (oggi per chi legge, ndr). È un fulmine a ciel sereno. Arrivato proprio ora che le cose sembravano andare meglio. Interesseremo della vicenda anche Confindustria».
Ma i bilanci non sembrano lasciare scampo. La sentenza fallimentare elenca i numeri nella loro durezza: nell’esercizio 2012 i ricavi superano i 28 milioni, ma già nel 2013 il patrimonio netto negativo è di 3,2 milioni. È questo il periodo in cui i Tonutti si mettono alla ricerca di fonti di finanziamento.
Dopo vari interessamenti, la scelta cade sulla Bargam di Luigi Blasi. È febbraio 2014. Da subito il matrimonio non funziona e i primi screzi nascono in sede di definizione del bilancio 2013. E le cose non migliorano l’anno scorso: al 30 settembre 2014 il patrimonio netto è a meno 5,9 milioni. Come accennato i rapporti fra il patron Carlo Tonutti e Luigi Blasi si incrinano quasi subito.
Situazione che ha importanti ricadute sul cda, bloccato dalla faida. Si crea un’insanabile divergenza sul bilancio 2013. Parallelamente, nel quadro di indagini preliminari per estorsione, la Guardia di finanza entra negli uffici di Remanzacco e preleva i libri contabili dal 2013 in poi. È il 4 luglio.
Cinque giorni più tardi due rappresentanti della Bargam (Pietro Calò e Monaldo Andreozzi) depositano un esposto per verificare se esistono i presupposti per il fallimento. Carlo Tonutti decide di fare un passo indietro. È l’8 settembre quando cede il proprio 50 per cento di azioni alla Bargam.
Sale in plancia Luigi Blasi con il proprio staff. Dodici giorni dopo arriva la richiesta di concordato preventivo in bianco e il tribunale mette fra parentesi l’istanza fallimentare del pm. Ma a un patto: il piano di rilancio e tutta la documentazione dovranno essere presentati entro 60 giorni, derogabili di altri 60.
Quattro mesi non bastano. Le banche avrebbero risposto in ritardo (pur dando l’ok al piano). E il 20 gennaio il tribunale non può fare altro che constatare il mancato deposito. Il decreto di improcedibilità del concordato preventivo apre al fallimento per una realtà che aveva il via libera dei creditori al risanamento.
La Tonutti Wolagri, rappresentata da Pietro Calò, è fallita. Il giudice delegato è Lorenzo Massarelli e il curatore Andrea Bonfini. Calò entro tre giorni dalla sentenza deve depositare in cancelleria l’elenco dei creditori, le scritture contabili e fiscali. Poi c’è un mese di tempo per l’insinuazione al passivo dei creditori. Così muore un’azienda nata nel 1864.
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