Chiude la Tonutti Wolagri: a rischio venti dipendenti

La famiglia vorrebbe mantenere la produzione in Friuli, ma – considerate le vicissitudini – sta pensando di emigrare. Uno degli scenari possibili è il trasferimento in Oriente
Cividale 6 Marzo 2018. Nuova Area Falchi. © Foto Petrussi
Cividale 6 Marzo 2018. Nuova Area Falchi. © Foto Petrussi

Un’altra tegola si abbatte sulla Tonutti Wolagri: martedì 9 aprile la curatela fallimentare apporrà i sigilli allo stabilimento di Remanzacco, mettendo a rischio la ventina di persone che sta lavorando in azienda. La vicenda della Tonutti è lunga e complicata. L’erede Carlo, pressato dalla crisi dei primi Duemila, si lancia sul mercato alla ricerca di un socio. Lo troverà in Luigi Blasi, con il quale però le vicende non si mettono sul giusto piano fin da subito. A causa di divergenze, Tonutti lascia l’azienda nelle mani del socio che però ne chiede quasi subito il fallimento. Dopo una lunga battaglia Carlo Tonutti, appoggiato dai dipendenti, riesce a rientrare in possesso dell’azienda di famiglia. E lo fa insieme a un socio cinese. Ma il fallimento non cessa di fare sentire i propri effetti. Nel momento in cui Tonutti rientra in possesso dell’azienda di famiglia, lo stabilimento di Remanzacco era ceduto in affitto. Tonutti accetta quel contratto che però disdice poco dopo.

La curatela fallimentare, coordinata da Vera Ardito, critica proprio quel passaggio. E dal 9 aprile, a tutela dei creditori, apporrà i sigilli all’intera area. Ancora una volta il destino della Tonutti di Remanzacco pare essere appeso a un filo. Almeno il destino friulano, perché gli stabilimenti in America e in Russia stanno macinando commesse. La famiglia vorrebbe mantenere la produzione in Friuli, ma – considerate le vicissitudini – sta pensando di emigrare. Uno degli scenari possibili è il trasferimento in Oriente. Le commesse non mancano, a latitare è la liquidità. Dopo il fallimento, la Tonutti è rinata come startup, quindi le banche non si fidano a concedere credito. E così anche le finanziarie. Insomma, l’azienda che produce macchinari per l’agricoltura è finita in un guado.

A preoccupare i sindacati è, un’altra volta, il destino dei lavoratori impegnati nello stabilimento di Remanzacco. Una ventina di persone che, ai tempi d’oro, superava il centinaio. Se la produzione ripartisse con la spinta giusta, questo sarebbe ancora uno scenario possibile. Si sa che oggi la proprietà sarà a Roma a trattare con l’Unicredit (fra i maggiori creditori) per chiedere il permesso di continuare a produrre nei locali di Remanzacco.

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