Coronavirus, si torna al lavoro e le aziende in Friuli riaprono: partono Siap e Fincantieri, poi tocca all'Electrolux
QUI PORDENONE. Ripresa dell’attività produttiva con massima attenzione alla sicurezza dei lavoratori: dopo lo stop imposto dal Governo per l’emergenza coronavirus, questa settimana anche diverse aziende del Pordenonese ripartiranno a regime ridotto, tra cui l’Electrolux di Porcia (un migliaio di addetti), che riattiverà la produzione mercoledì 22, e la Siap di Maniago (420), al via lunedì 20.
Imprese e sindacati hanno siglato gli accordi che contemplano un’ampia serie di misure per garantire la massima tutela dei dipendenti e, di conseguenza, delle loro famiglie: dal metro di distanza ai dispositivi di protezione, alla misurazione della febbre in ingresso e in uscita degli stabilimenti.
Per quanto riguarda Electrolux, la multinazionale svedese ha informato le Rsu che lunedì 20 ci sarà l’incontro di approfondimento e definizione delle modalità di ripresa. Martedì 21i alcuni addetti saranno chiamati a preparare gli impianti.
Mercoledì 22 partirà la produzione con un unico turno: si partirà con il B, che opererà dalle 5.30 alle 11.30 per tre giornate sino a venerdì. Dal 27 al 30 aprile lavorerà soltanto il turno A. Resta da definire come si opererà la prima settimana di maggio.
Venerdì scorso, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali Fim, Fiom e Uilm hanno sottoscritto un’intesa con il Gruppo Electrolux Italia sulle misure da mettere in campo negli stabilimenti per assicurare il miglior livello di sicurezza possibile alle maestranze che torneranno operative.
Un accordo che le forze sociali auspicano venga preso a modello ed esportato in altre realtà produttive, se non in toto, almeno nelle parti alla portata di ogni impresa e quindi più facilmente replicabili, su questo punto hanno insistito i sindacalisti Gianni Piccinin (Fim), Maurizio Marcon (Fiom) e Roberto Zaami (Uilm).
«Ci sono parti dell’accordo che possono essere applicate anche in altre realtà: auspichiamo che si possa percorrere questa via – hanno sottolineato Piccinin e Zaami -. È importante soffermarsi sul come si riprende l’attività produttiva piuttosto che sul quando.
In questa fase è fondamentale il confronto con le parti sociali per raggiungere intese finalizzate alla sicurezza dei dipendenti, delle loro famiglie e del lavoro». Nell’accordo Electrolux è stata prevista anche l’attivazione di una App per smartphone in grado dii calcolare l’indice di rischio al contagio del singolo dipendente in base agli spostamenti interni ed esterni alla fabbrica: l’adesione degli addetti è su base volontaria.
Per quanto riguarda la ripartenza della Siap, azienda del Gruppo Carraro e centro d’eccellenza a livello globale per l’ingranaggeria di elevata qualità, è coinvolto un numero ridotto di dipendenti, ma in poche settimane si conta di arrivare a regime. Non soltanto gli operai rientreranno in fabbrica, a rotazione, lo faranno anche gli impiegati.
Le richieste di pezzi da produrre sono arrivate principalmente da tre mercati in cui Siap ha clienti storici e collaborazioni strategiche: America, Germania e Scandinavia.
Venerdì scorso l’azienda ha portato a compimento le operazioni necessarie per riattivare la produzione in sicurezza: dalla sanificazione dei locali alle altre azioni previste dai protocolli. Le forze sociali hanno espresso preoccupazione per la ripresa dell’attività nelle imprese non strutturate e non sindacalizzate.
«Auspichiamo prevalga il buonsenso: cercheremo di lavorare anche su questo fronte – hanno concluso Piccinin e Zaami -. Bene, comunque, i protocolli, ma è necessario vigilare sulla loro applicazione».
A UDINE E NELL'ISONTINO. Aveva chiuso i grandi cancelli di Panzano, storico quartiere operaio di Monfalcone, il 16 marzo, nove giorni prima del Decreto del presidente del Consiglio Giuseppe Conte che stabiliva il fermo totale per le industrie.
Lunedì 20, invece, dopo 35 giorni, quei cancelli riapriranno le porte ai primi addetti (tra i 600 e i 700) e lo stabilimento Fincantieri tornerà a vivere.
Sarà un’apertura molto graduale, con il 10% della forza lavoro abitualmente presente in cantiere, cioè poche centinaia di operai rispetto alle migliaia che lavorano nei piazzali, in bacino, nelle officine e a bordo nave quando la produzione è a pieno regime. Ingressi suddivisi per turni, misure della sicurezza del caso, controllo della temperatura, distanziamento, ingresso e uscite scaglionate, così come alla mensa.
Ma intanto si proverà a riavviare la complessa macchina del cantiere navale, che ha un portafoglio ordini fino al 2027, con due navi in allestimento e una alle prime fasi della costruzione.
Oltre al colosso della cantieristica, che ha un importante indotto nel Pordenonese e in provincia di Udine per impiantistica e arredo, già altri big sono ripartiti o lo faranno proprio lunedì 20, grazie alle deroghe concesse dal prefetto, vista la strategicità delle imprese.
Da una settimana ha ripreso la produzione la Pmp Industries di Coseano dell’imprenditore Luigino Pozzo, una realtà leader nella produzione e vendita di impianti siderurgici e di riduttori, pompe idrauliche, motori idraulici per macchinari nei settori delle costruzioni e della meccanica.
Pmp aveva già subito gli effetti della pandemia di coronavirus, ancora in gennaio, visto che ha un paio di stabilimenti in Cina, dove tutto ha avuto origine.
Tra gli altri grandi nomi che vedono i loro addetti di nuovo nelle officine e negli stabilimenti, ci sono anche Danieli, Danieli Automation, Abs, Ilcam e Fantoni. Nel novero delle aziende che hanno riavviato i motori c’è la Modine di Pocenia, oggi al 60% e che punta ad arrivare al 90% entro la settimana, specializzata nella produzione di scambiatori di calore per la refrigerazione industriale.
Molte altre ne seguiranno perchè la prefettura di Udine ha dato il via libera a oltre 1.250 richieste di apertura anticipata, bocciandone solo una ventina.
«Ma nell’immediato futuro il modo di lavorare dentro le fabbriche sarà complesso - spiega il segretario regionale della Cgil Villiam Pezzetta - . Prendiamo solo l’esempio delle mascherine che saranno obbligatorie per chissà quanto tempo: se ci sono 500 mila lavoratori attivi, tra industria e artigianato, vuol dire che ne abbiamo bisogno di 3 milioni la settimana, senza contare i guanti usa e getta e le sanificazioni degli ambienti di lavoro, che dovranno essere fatte in modo continuo. Insomma servirà uno sforzo collettivo imponente per assicurare salute e ripresa produttiva.
Ci sarà il supporto degli ammortizzatori sociali, se l’organizzazione avrà determinate caratteristiche è probabile che bisognerà farne ricorso. E ancora c’è la questione dei congedi parentali e delle donne, chi tiene i bambini se le scuole restano chiuse e i figli non possono restare dai nonni, per ovvi motivi?
C’è tutto questo tema da affrontare, dentro una discussione con le aziende. Lo smart working per chi potrà farlo, continuerà nel settore impiegatizio e aprirà scenari importanti. I test sierologici? Dobbiamo verificarne l’affidabilità, la Regione condivide questa linea».
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