«Con l'emergenza del Coronavirus tutti ci evitano e gli affari sono crollati del 70 per cento»

La prima a rompere il silenzio è una cinese del ristorante “China Town” del Città Fiera: «La gente ci guarda con sospetto; si scansa. Gli affari sono crollati». Insomma, come sta accedendo in moltissime altre parti d’Italia – a Monza un locale cinese ha chiuso fino a quando non ci saranno notizie confortanti su questo virus – e d’Europa, la paura del coronavirus colpisce duramente alcune attività commerciali gestite da cinesi. Non tutte. Ma il ristorante ristorante “China Town” conferma di aver patito una diminuzione di lavoro, coperti e introito del 70 per cento da circa un mese a questa parte. Per i titolari del locale, che si trova al primo piano del centro commerciale Città Fiera, la gente non ha capito la drammaticità del momento che stanno attraversando. Anzi, oltre alle offese c’è chi arriva al punto di organizzare scherzi telefonici.
«Ci chiamano da numeri privati per prenderci in giro sul coronavirus, poi riagganciano. Per strada la gente si allontana e ci guarda con sospetto» racconta Angela, cinese e titolare del China Town. «Noi siamo come voi italiani. Viviamo a Udine da tanti anni ormai e lavoriamo in questo ristorante da 15 – aggiunge –. Fino allo scorso mese lavoravamo bene, facevamo in media 40-60 coperti al giorno durante la settimana e da 150 in su nel week-end. Ora, invece, il lavoro è drasticamente calato: normalmente non ne facciamo più di una decina e nel fine settimana non superiamo i 60, bene che vada.
Le persone che vengono da noi ci chiedono che cosa succede in Cina, se abbiamo contatti con i cinesi che vivono là, se il cibo che serviamo è un pericolo – continua Angela –. In verità noi non abbiamo avuto contatti di recente con i nostri parenti, che abitano a grande distanza da Wuhan, e comunque stanno bene. Abbiamo le stesse probabilità di contrarre il virus che ha chi vive qui. I piatti che facciamo sono tutti preparati utilizzando prodotti acquistati da rivenditori all’ingrosso della zona. La ristorazione, rispetto ai negozi, ai saloni di parrucchiera o altre attività, è la più colpita. Dal 2005 non abbiamo mai lavorato così poco. Se la cosa non si risolve al più presto sarà difficile andare avanti».
Il calo del lavoro è confermato anche da Jessica, cinese e titolare della lavanderia “1a Clean prezzo Unico” al piano terra del centro commerciale di via Antonio Bardelli. Ma per lei il calo è «fisiologico».
«Il periodo prima del cambio di stagione è debole ogni anno. Lo stesso accade in altri mesi come luglio e novembre. Io vivo qui da molti anni, il mio compagno è italiano e non vado in Cina da tempo. I clienti ormai mi considerano italiana. Il coronavirus, fortunatamente, non mi sta danneggiando».–
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