Addio allo scrittore udinese Lino Leggio: da Tolmino al Friuli, una vita raccontata in 12 libri
E’ morto all’età di 80 anni. A 15 anni andò in Germania da Elvis Presley per regalargli uno spartito, ricevendo in cambio i suoi mitici Ray Ban. Lascia la moglia Anna e due figli

E’ morto nel giorno del Primo Maggio, lo scrittore Lino Leggio. Avrebbe compiuto 81 anni il prossimo 19 agosto. Leggio è stato per decenni uno dei personaggi del panorama letterario udinese, raccontando e raccontandosi in 12 libri pubblicati in oltre 25 anni.
Lino Leggio era figlio di Giovanni, un siciliano arrivato in Friuli per il servizio militare, e di Giuseppina, friulana. Lui nacque nel 1944 in piena seconda guerra mondiale, a Santa Lucia di Tolmino, importante paese sull’Isonzo che allora era in Italia (ora Slovenia) e si trovava nella provincia di Gorizia.
Lino Leggio (anzi, Li noleggio: così si è sempre firmato utilizzando un curioso anagramma degli anni giovanili) ha cominciato a scrivere nel 1999 e piano piano è arrivato al dodicesimo libro.
Tutte «storie di vita vissuta - spiegò raccontandosi a Mario Blasoni per il Messaggero Veneto - da “La banda delle cataste: I ragazzi del Friuli anni 50,” scritto 15 anni fa, a “Solo”, uscito nel 2014.
E in mezzo, tra l’altro, un trittico dedicato alla Julia (dalla battaglia di Valuikil al naufragio del Galilea) e poi, ancora sulla guerra, “Cercando Rommel” e due libri dedicati alle tragedie alpinistiche dell’Eiger, in Svizzera... Ma il lavoro per il quale è maggiormente ricordato è il romanzo autobiografico “Lui non è qui!”, in cui racconta come sia capitato in possesso dei Ray Ban di Elvis Presley.
Aveva solo 15 anni Lino quando, con l’amico del cuore Gianpaolo Casaroli, poi prematuramente mancato, andò in Germania dove Elvis Presley (“del quale - precisò - ero appassionato senza essere esaltato”) faceva il militare nei carristi Usa.
Leggio gli regalò lo spartito della famosa canzone napoletana “Santa Lucia” che lui poi ha poi eseguito, unico motivo italiano. Ha gradito il dono e gli lasciò in cambio i suoi occhiali, che da allora Lino ha tenuto tra la cose più care.
L’anno dopo la nascita di Lino la famiglia lascia tutto e ripara a Udine. Il ragazzo ha avuto una fanciullezza e un’adolescenza non felicissime (“tirato su a pane e miseria”, raccontò in un’intervista) nel “quartiere delle cataste”: abitava nella zona di via Calatafimi, dove c’erano, appunto, tre grandi ammassi di legna, teatro delle loro scorribande.
«I nostri giocattoli - raccontò ancora a Blasoni - erano la fionda con l’archetto di legno e gli elastici, i mais (le biglie di vetro colorato), il pindul-pandul e il telefono rudimentale formato da due barattoli uniti dallo spago. Tutti elementi che troviamo nel primo volume.”
Lino Leggio ha frequentato il Malignani e fatto l’alpino con la Julia. L’alloggio in una delle famose “case Fanfani”, ai piedi del cavalcavia di viale Palmanova ha dato serenità alla famiglia, che all’arrivo a Udine si era accontentata di sistemarsi in un edificio abbandonato in via delle Fornaci.
Appassionato di sport («ho fatto tanto sci, windsurf, judo...») ha anche insegnato sulla Marmolada e a Sappada. Ha trovato un buon lavoro con una ditta di Roma di materiali per ufficio, con la quale è rimasto per 40 anni.
Lascia la moglie Anna, di Codroipo, e due figli, entrambi diplomati al Sello: Francesco ed Elisabetta.
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