Un Dionisi per amico: «Limitare Federico può essere la chiave per fermare l’Ascoli»

Matteo, ex neroverde, racconta il fratello avversario sabato a Lignano «Tiferò per lui, ma da domenica sosterrò nuovamente il Pordenone» 
Alberto Bertolotto

L’INTERVISTA



Il Pordenone, per battere l’Ascoli, oltre ad andare in gol, deve fermare domani il giocatore più pericoloso dei bianconeri: Federico Dionisi. Il bomber, classe 1987, ha già realizzato 7 gol ed è il vice-capocannoniere della serie B, categoria in cui ha segnato in carriera più di 100 reti. Come si ferma un calciatore così? «È difficile, perché è imprevedibile. Sarà dura per i ramarri». È la verità, non è solo una questione di affetto: a parlare è il fratello dell’attaccante, cioè Matteo Dionisi, classe 1985, jolly vincitore della serie D con i nereoverdi nel 2014. Attualmente in forza al Trento in Lega Pro, fresco papà di una femminuccia, sottolinea come limitare suo fratello «sarà la chiave dell’incontro di Lignano». E aggiunge: «Tifo sempre per lui, ma da domenica sosterrò nuovamente il Pordenone».

Dionisi, è il momento di Federico contro la sua ex squadra, con cui ha vinto uno dei suoi sei campionati di Interregionale.

«Bella sfida, vedo ogni gara di mio fratello e quindi guarderò anche quella di Lignano. I bianconeri vogliono dare continuità ai risultati, i ramarri stanno cercando di uscire da una situazione che non si aspettavano. Devono avere coraggio, metterci sempre qualcosa in più. Perché ora le partite bisogna vincerle».

A proposito: l’Ascoli, la scorsa stagione, si salvò grazie a un girone di ritorno straordinario. E fece una grande rimonta dopo aver chiuso in zona play-out la manche d’andata.

«Mio fratello arrivò nel mercato di gennaio. Mi ha sempre detto che il gruppo aveva voglia di portare a casa il risultato in ogni campo, qualunque fosse l’avversario che avevano di fronte. Non c’erano differenze. È uno spirito che deve avere anche il Pordenone».

Federico, quando arrivò, fece la differenza. E continua a farla...

«Perché si trova benissimo con l’ambiente, con la squadra, con il mister: l’aspetto mentale per un calciatore è troppo importante. A Frosinone ha giocato e segnato tanto, ha splendidi ricordi. Ma aveva bisogno di una nuova avventura».

Le ha parlato di Pordenone?

«Sì, certo, tramite me conosce l’ambiente e il fatto che ci sia un presidente passionale, che vuole vincere. Io in Friuli sono stato benissimo: vincemmo un campionato incredibile, con 85 punti e all’ultima giornata. La differenza la fece il gruppo, il migliore in cui sono stato in quasi vent’anni di carriera. E poi c’era Zubin, forse il più forte attaccante con cui ho giocato».

Capitolo punte: come si marca suo fratello?

«Bella domanda! È imprevedibile, ha sempre colpi in canna. Ma io sono di parte. Certo, il Pordenone deve pensare a come limitarlo».

Ma è stato lei ad avvicinare Federico al calcio?

«Iniziammo assieme. Poi lui è stato, ed è, più bravo di me. Abbiamo un rapporto molto forte e dopo la scomparsa di nostra mamma, avvenuta nel 2017, ci siamo uniti ulteriormente. Non me ne vogliano i ramarri, ma domani tiferò per lui, come sempre».

Lei è a Trento con mister Parlato, il condottiero di quel Pordenone salito in serie C.

«Puntiamo a salvarci, siamo una neopromossa. E io ho voglia di continuare a giocare: l’entusiasmo c’è ed è quello che fa la differenza». —



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