Toffolo profeta del San Quirino e di un calcio tutto gol e spettacolo

È il tecnico emergente che meglio si sta comportando in provincia, alla guida della matricola gialloblù «Il segreto? Possesso di palla e spinta, anche rischiando un po’. Il sogno? Portare il Pordenone in C»

SAN QUIRINO

La salvezza all’esordio in Seconda, l’indizio iniziale. Subito dopo, la promozione. Ora, il terzo posto in Prima categoria. Se sarà il tecnico del futuro, lo dirà solo il tempo. Di sicuro, considerato soprattutto che ha appena 34 anni, la partenza è quella giusta. Questo è Alberto Toffolo, l’allenatore giovane del momento. Ha smesso di giocare a dicembre 2009 («un mix di cause», dice) e ha subito impennato: un predestinato. Se il suo San Quirino stupisce all’esordio in Prima è anche grazie a lui. L’ex giocatore fa parlare di sé per i risultati, e in particolare per il suo calcio: offensivo, propositivo, mai attendista. Tanti gol fatti, molti subiti: con lui, si vince e ci si diverte. D’altronde, con un passato da trequartista, la partita ti piace farla, non subirla. Toffolo come capo di una banda di giovani, perché tanti sono i tecnici emergenti in provincia, ma anche di una filosofia. Sinora vincente.

Toffolo, nato tecnico a 32 anni. Vocazione, o era già stufo di giocare?

«Per vari motivi. Allenare era un mio desiderio, smettere di giocare al termine di quella stagione pure: non avevo più motivazioni. Poi, in quel periodo, stavo frequentando il corso d’allenatore. A dicembre, esonerarono Bepi De Piero. “Vorresti prendere il suo posto?”, mi chiesero. Ci pensai un po’ e dissi subito di “sì”. E così cominciai. Anche perché, a essere sincero, mi sarei preso una pausa dopo il ritiro da calciatore. Ma quella del San Quirino mi sembrò un’opportunità da cogliere al volo. E posso dire di non essermi pentito della scelta: sta andando decisamente bene».

Si sta facendo conoscere per i risultati, ma soprattutto per la sua filosofia: calcio offensivo, imporre il proprio gioco, mai aspettare.

«Intanto bisogna divertirsi. E ci si diverte col pallone tra i piedi. In secondo luogo, quando hai la palla, puoi sempre renderti pericoloso. Nella mia idea, anche il portiere deve partecipare all’azione. Magari puoi subire, magari è un modo dispendioso, ma prima o poi un gol lo fai. E a me piace vincere con merito, non per i demeriti altrui».

Quali i suoi capisaldi, a livello tattico?

«Nessuno modulo preciso: alterno il 4-3-3 al 4-4-2. Piuttosto, in primis, voglio centrocampisti votati alla costruzione. Gli interdittori puri non mi piacciono e non li prevedo. Poi, terzini molto attivi in fase offensiva. Anche a costo di rischiare qualcosa in più».

Il trequartista no? Visto il suo passato, è facile pensarlo.

«E invece no. Nella mia idea di calcio, io come giocatore non mi schiererei mai... (sorride, ndr)».

Da giocatore, mezzapunta “ribelle”. Ora, tecnico attento e scrupoloso: com’è avvenuta la trasformazione?

«Naturalmente. Ti cali nel ruolo e vedi che, per raggiungere risultati, ti devi applicare. Servono serietà e costanzaapplicazione».

Le sue idee sono chiarissime. Quanto l’ha aiutata, in questo, una dirigenza “permissiva” come quella del San Quirino?

«Moltissimo. Mi ha dato libertà in tutto, anche in sede di mercato. Condizioni che non trovi dappertutto, anzi. Ricordo quando giocavo: presidente e ds, magari, in spogliatoio a fine gara. Qui, non è mai successo, se non in casi drammatici. Direi che è fondamentale».

Lei è uno dei tanti tecnici rampanti: perché, a suo parere, sono così gettonati, anche in provincia?

«Perché abbiamo più fame, e curiamo molto di più la fase tattica e organizzativa. Chi decide credo se ne sia accorto. E l’organizzazione ti salva: quando sei in giornata no, hai una direttrice da seguire».

Chiudiamo col sogno di Alberto Toffolo-allenatore.

«Mi piacerebbe allenare il Pordenone e portarlo tra i professionisti. Poi, arrivare più in alto possibile. Come? Sempre portando le mie idee di gioco».

Alberto Bertolotto

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