Si ritira un grande: Daniele Molmenti

PORDENONE. L’urlo di Londra, quei bicipiti di fuori, la tuta dell’Italia indossata con orgoglio. La carriera di Daniele Molmenti, campione olimpico 2012, passa dalla cronaca alla storia.
Il campione di Pordenone si ritira, ma allo stesso tempo raddoppia. E’ infatti stato nominato direttore tecnico delle squadre nazionali assieme a Ettore Ivaldi. Altri Molmenti cresceranno, dunque, con i buoni consigli di Daniele, in vista di Tokyo 2020. Obiettivo tornare su quel podio, con una medaglia dello stesso colore.
In uno sport come la canoa slalom, dove l'età media delle medaglie olimpiche è di 24 anni, non è una sorpresa che un ragazzo classe '84 decida di appendere canoa e pagaia al chiodo per aprire un altro capitolo della sua storia sportiva.
Molmenti è ancora l’unico, nella sua specialità al mondo, ad aver vinto tutti i titoli principali, oltre alle Olimpiadi, superando anche il suo maestro Ferrazzi con il titolo mondiale.
E’ stato lui stesso a spiegarci la sua decisione, che aveva confidato nei giorni scorsi agli amici della scuderia rallystica North East Ideas, di cui era stato ospite per la presentazione dei programmi 2017.
«Dopo Londra – ha dichiarato – ho provato a raddoppiare i successi ma le tante patologie dello sport d’alto livello mi hanno fatto capire che forse era un sogno troppo grande.
Un incidente in auto nel 2014 ha limitato fortemente la preparazione olimpica di Rio, e quando la direzione tecnica di allora ha valutato una mia brutta prestazione a causa di problemi fisici per premiare il giovane Giovanni, ho capito che era ora forse di cambiare attività. I carichi di lavoro per gli atleti di alto livello sono decisamente non salutari e se vuoi vincere quello che ho vinto devi spingere al massimo per tanto tempo. Nelle ultime due stagioni non sono mai riuscito a prendere la forma di Londra e allenarmi così non serve a nessuno».
Dal primo gennaio, il Corpo Forestale ha cessato di esistere e ora Molmenti fa parte dell’Arma dei carabinieri e in particolare del Centro sportivo della Benemerita.
«Da piccolo, quando vedevo la foto di mio bisnonno carabiniere in divisa, ho sempre sognato di indossarne una. Nella forestale avevo trovato un equilibrio ideale perché una volta smessa l'attività sportiva sarei rimasto in natura, dove mi piace operare.
Questo passaggio tuttavia non cambia le mie aspettative, anzi le migliora. Il regolamento militare, seppur rigido nell’idea comune, permette invece quella disciplina che anche nel campo sportivo è fondamentale. Io ho vinto perché avevo una mia disciplina militare nell'allenarmi e nel vivere d'atleta, ora da carabiniere sarà di certo più facile. E' un passaggio che permetterà a tutti gli atleti che vogliono vincere, di farlo con rigore e maggiore professionalità».
Quanto alla nomina a direttore tecnico della Nazionale insieme a Ettore Ivaldi, «mi sono proposto al presidente Luciano prima ancora delle qualifiche olimpiche dicendo che la mia esperienza l’avrei voluta restituire come tecnico per il futuro dei ragazzi. Avere l’approvazione all’unanimità del consiglio federale della Fick mi ha reso orgoglioso. Mauro Baron ha rifiutato e con Ettore Ivaldi sono ormai diverse settimane che lavoriamo e impostiamo il lavoro delle squadre nazionali e tutta l'attività federale.
C’è molto da fare ma siamo motivati e complementari nei ruoli, sicuramente un team vincente». Primo obiettivo «creare una squadra azzurra coesa. Ci proponiamo di puntare a Tokyo2020 già da protagonisti».
Ma non ti mancherà la canoa? «Quando ti piace una cosa così tanto non puoi certo smettere di farla, no? Poi correre con la canoa nera carbonio e la banda rossa con la scritta carabinieri è un sogno che finalmente si realizza. Mi rivedrete anche in acqua!».
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