Schema su punizione ecco come nasce il vero gol di squadra

Delneri ha quattro collaboratori che studiano come sfruttare i calci piazzati seguendo il “guru” Gianni Vio
Di Massimo Meroi

UDINE. Anche l’Udinese ha i suoi maghi degli schemi sulle palle inattive. Qualche anno fa godeva di una grande popolarità Gianni Vio, classe ’53, mestrino, diventato popolare ai tempi del Catania dove lavorò prima con Zenga e poi con Montella che se lo portò anche a Firenze. In Friuli si fa tutto in casa. Il lavoro degli schemi è organizzato sul campo dal vice di Gigi Delneri, Pino Ferazzoli, e dai due collaboratori tecnici Paolo Miano e Gianfranco Cinello. Al loro, poi, bisogna aggiungere il prezioso lavoro di Enrico Iodice, allenatore che cura l’analisi dei match dei bianconeri. Insomma, un lavoro di squadra che prevede organizzazione e ripetizione quasi maniacale delle situazioni che si vengono a creare in campo.

Galleria. L’Udinese con i due di Pescara ha messo a segno sei gol su calcio da fermo. Non è tra i primissimi posti, ma è comunque un discreto bottino. A rompere il ghiaccio con l’Empoli alla seconda giornata fu Felipe su corner battuto da Hallfredsson, poi è arrivata la rete di Zapata con il Torino sempre su corner dell’islandese e spizzicata sul primo palo di Molla Wague, quindi con il Crotone è stato Thereau a deviare la punizione dalla trequarti di Jankto.

Interpreti. Ecco, è importante avere chi prepara degli schemi originali come quello da cui è nato il secondo gol di Pescara, ma per quanto riguarda i corner e le punizioni laterali, conta la qualità di chi calcia: servono palloni forti e tesi e in Jankto l’Udinese ha trovato un interprete eccellente, sicuramente più di Hallfredsson e Kums che nella prima parte della stagione calciava sia punizioni che calci d’angolo.

Va detto che gli schemi vanno cambiati di volta in volta. Gli avversari, infatti, avranno già messo nel loro archivio i movimenti di domenica. Interessante la battuta del calcio d’angolo con tre uomini vicini alla bandierina e con gli avversari che non sapevano se Hallfredsson avrebbe lasciato la palla a Jankto o avrebbe servito con il tacco De Paul. E quei tre uomini schierati a mo’ di barriera in posizione di fuorigioco non era chiaro cosa ci facessero lì. Poi si è capito bene.

Arma in più. In un calcio sempre più tattico e fisico l’abilità di una squadra sui calci piazzati è sicuramente un’arma in più. «Avere Gianni Vio nel proprio staff è come avere un attaccante da venti gol a stagione», disse con un eccesso di enfasi Walter Zenga presentando il suo collaboratore che lo ha seguito prima a Bucarest e poi a Catania. Ci sono stati però degli episodi che hanno fatto scuola. Nel 2008 il Catania segnò perchè nella doppia barriera composta dai siciliani contro il Torino, l’attaccante Plasmati si calò i pantaloncini un po’ per ostruire la visuale del portiere Sereni, un po’ per distrarlo. E Mascara fece centro. «Ci sono 4.830 modi per battere un calcio piazzato», ha dichiarato Vio. Impossibile provarli tutti, non ci sarebbe il tempo materiale. Sul web, però, ne trovate di numerosi. Per esempio quello scelto dai belgi del Gent nella gara di Champions League disputata nella stagione 2015-2016 con il Lione. Il tiratore piazza davanti al pallone tre compagni che impediscono al portiere di vedere partire la palla che si insaccherà nell’angolino. Per la cronaca tra i protagonisti c’era anche Kums: è uno dei tre che compongono la barriera.

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