Quella tripletta di Zico al Basiliano

In una tesi il parallelo tra la rinascita del Friuli post sisma e quella dell’Udinese

UDINE. «Amigo, a chi estemo a giogar con la pelota». È il 5 aprile 1985, quattro giorni prima, il 31 marzo, l’Udinese di Vinicio ha battuto l’Inter con una clamorosa rimonta.

Gol di “Spillo” Altobelli in avvio, magistrale punizione di Zico alla mezzora e, nella ripresa, il capolavoro di un altro “brasiliano”, Zè Paolo Miano che si beve metà squadra nerazzurra e regala la vittoria all’Udinese.

Quattro giorni dopo quella “sentenza” su punizione (ricordate, tifosi friulani e non? Una punizione di Zico equivaleva a un calcio di rigore o giù di lì) il campione rimette la maglietta dell’Udinese per giocare un’amichevole sul campo del Basiliano.

L’occasione della partita è data dall’inaugurazione del campo da calcio locale, l’allora sindaco Amos D’Antoni è in fibrillazione, la gente di più. I giocatori? Al settimo cielo.

Giocare un’amichevole con una squadra di serie A è già un evento per giocatori che strappano tempo al lavoro e alla famiglia per tirare due calci al pallone. Tirarli con uno dei più forti giocatori del mondo...

Trent’anni dopo i riflettori su quella partita vengono ri-accesi grazie al pregevole lavoro di Imara Bertossi, fresca di laurea magistrale in Lettere all’Università di Trieste grazie alla tesi di laurea “Una crescita parallela: il Friuli dopo il terremoto del 1976 e l’Udinese calcio”.

La Bertossi, vicepresidente dell’Udinese club di Pradamano, è una tifosa incallita dei bianconeri, ma non solo. Da sempre segue il basket, lo sport in generale. Perché lo sport per lei e la sua famiglia non è solo una passione, in qualche modo è una benzina per vivere.

Imara è disabile praticamente dalla nascita, ma proprio grazie allo sport ha trasformato una sfortuna in un propulsore per aggredire la vita. A 23 anni e mezzo ha ottenuto la laurea magistrale.

«Se l’ha fatto lo deve in particolar modo allo sport - dicono i genitori Ireneo e Gabriella - che ringraziano per questo traguardo i servizi sociali, tutti quelli che li hanno aiutati in questi anni. E sono tanti».

Chi ringrazia lei invece è il relatore della tesi, il professor Umberto Sereni, docente di Storia contemporanea all’Università di Udine.

Sereni ha imbeccato la laureanda, incoraggiandola a compiere le ricerche del caso. Perché da sempre è convinto che lo sport si leghi a filo doppio con la storia. È un tifoso storico del Torino, Sereni. Inutile chiedere perché: chi ha più di 60 anni lo sa.

Per questo il tema proposto dalla studentessa Bertossi, dalla tifosissima bianconera Imara, è molto intrigante.

Perché mettere a confronto prima la rinascita del Friuli dopo la seconda guerra mondiale e poi quella dal terremoto del 1976 con le due epoche d’oro della storia dell’Udinese, quella degli anni Cinquanta con “Raggio di luna” Selmosson e quella di Zico a metà degli anni ’80, è semplicemente raccontare la storia della nostra terra.

Con la gente squassata dal dramma del terremoto che riempiva lo stadio Friuli appena aperto, con le curve ancora in erba, per unirsi attorno a una squadra sopravviveva in serie C e che, guardate caso, proprio dopo il terremoto accompagnò la rinascita delle fabbriche, dei paesi, della gente con un’esplosione che portò all’era Zico.

Quei due anni magici in un Friuli quasi completamente ricostruito prevedevano anche questo: il “dio” del pallone che tirava quattro calci in un campetto di periferia con i dopolavoristi locali.

Come Roberto Di Noto Marella, cugino di Imara. Quel pomeriggio d’inizio primavera non lo dimenticherà mai.

«Entrai in campo e provai una forte emozione nel vedere così tanti campioni, ma venni subito tranquillizzato dallo stesso Zico, da campione qual era, in un portoghese italianizzato mi disse: Amigo a chi estemo a giogar con la pelota», ricorda.

“Zico dedica tre gol a Basiliano” titolò il Messaggero Veneto il giorno dopo. La partita finì 5-0, chissà se su quel campo c’è un cippo, una lapide che ricorda quel passaggio folgorante dell’astro brasiliano.

È un esempio di tutte le storie di cui si è abbeverata la Bertossi, messa sulle tracce del canovaccio dal professor Sereni.

«È una grande appassionata di storia locale, del suo Friuli e soprattutto una grande tifosa dell’Udinese - spiega orgogloso il docente - inevitabile che le dessi questo tema per la tesi di laurea».

Imara ha raccontato la storia dell’Udinese grazie anche a diverse interviste: da Massimo Giacomini a Ido Cibischino, ad Alessandro Scarbolo, presidente dell’Arthur Zico di Orsaria, il club che tiene i contatti con il Galinho ora impegnato in giro per il mondo a far amare il calcio. E poi tanti altri

E leggendo la tesi si scoprono addentellati incredibili tra la storia del Friuli e quella dello sport. Abbiamo detto di Zico e di quella mitica partita. E Selmosson? Raggio di luna?

Scrive la Bertossi: «Arne Selmosson è stato il testimone più luminoso dell’Udinese anni Cinquanta, quella del secondo posto dietro al Milan nella stagione ’54-’55, vetta massima della storia bianconera. Fu davvero originale l’approdo udinese del biondo attaccante, nato a Götene il 29 marzo 1931: venne segnalato dal professor Filippini, insegnante di violino a Malmoe, amico dell’allenatore dell'Udinese Peppino Bigogno».

«Egli andò a visionarlo nelle file dell’Aik Stoccolma e bastò veramente poco per comprendere le capacità di questo calciatore. Bigogno convinse il presidente Bruseschi per il trasferimento di Selmosson in Friuli, questo avverrà nel 1953, anno dei suoi primi allenamenti al campo Moretti».

«L’ingaggio del calciatore svedese non fu privo di problematiche: l’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Onorevole Giulio Andreotti (…) emanò una disposizione attraverso la quale si vietava la concessione dei permessi di soggiorno a giocatori stranieri, ad eccezione degli “oriundi”. Selmosson fu costretto a rientrare in Svezia e a sostare un anno. Ancora Andreotti! Lì mise i bastoni tra le ruote, con Zico (e Cerezo) si sdebitò».

«Tornando a raggio di luna la situazione si sbloccò e lo svedese illuminò il Friuli. Era il 1954, nove anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con finale sanguinoso in Friuli. Poi la rinascita. Come dopo il terremoto. Sanson, Zico. E ancora i Pozzo con il tridente Zac-Spalletti-Guidolin».

Brava Imara, bello l’applauso che il Nuovo Friuli le ha tributato prima di Frosinone-Udinese venti giorni fa.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:terremoto

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto