L’Udinese chiude alla grande il bilancio, ma sui conti aleggia lo spettro della retrocessione

Fatturato di 126 milioni con 50 di plusvalenze. Ma la squadra boccheggia e la discesa in serie B farebbe crollare subito i conti

Antonio Simeoli
Un momento di Torino-Udinese sotto lo sguardo di mister Cioffi
Un momento di Torino-Udinese sotto lo sguardo di mister Cioffi

UDINE. Ci sono tre pilastri, tre pietre miliari, tre perni imprescindibili nel bilancio dell’Udinese calcio. Primo: il controllo dei costi. Secondo: la gestione del patrimonio dei calciatori, insomma le plusvalenze. Terzo: lo sviluppo del fatturato e la riduzione del rischio agonistico.

Se questi tre pianeti sono allineati l’Udinese naviga in acque tranquille, se uno di questi pianeti non si allinea è un disastro.

Ecco, a fronte di un bilancio 2022-2023 da urlo, con tutti i valori ben sopra le aspettative e una solidità economica da far invidia ai bilanci delle aziende più virtuose (di questi tempi vanno di moda quelle farmaceutiche e del green) c’è una voce che rischia di mandare tutto all’aria e si chiama classifica di serie A.

Fuor di metafora, un’eventuale retrocessione dell’Udinese, visto l’andazzo non improbabile, sarebbe un salasso per i conti dei bianconeri. Di più, rischierebbe di far saltare il giocattolo. Cerchiamo di spiegarvi perchè.

Ma quale paracadute

Da anni si sente questa favoletta per le società che retrocedono: tanto c’è il paracadute. Insomma, arrivano i venti milioni o giù di lì garantiti dal sistema calcio per chi scende di categoria e deve bilanciare costi di gestione fuori controllo.

C’è chi azzarda addirittura che qualcuno voglia retrocedere per incassare il paracadute: balle. Vero, c’è il paracadute, i soldi ci sono, ma arrivano tutti se i club rispettano alcuni parametri.

Il primo: la percentuale di giovani che vanno in campo. Domandona: i giovani ti fanno vincere il campionato? No, devi fare una squadra esperta, da serie B, quindi, prendiamo il caso dell’Udinese, se hai un monte stipendi di poco superiore ai 40 milioni in serie A, non puoi ridurlo di molto se vuoi vincere la B.

E come li paghi i giocatori se gli oltre 40 milioni di euro di diritti tv che ogni anno incassa il club dei Pozzo si ridurrebbero in serie B a qualcosa come sei milioni, con, parallelamente, i 10 milioni di ricavi da sponsor che precipiterebbero perchè tutti i contratti andrebbero rivisti al ribasso?

Esempio, la Regione per il logo “Io sono Fvg” sulla maglia sborsa 1.2 milioni l’anno. In caso di serie B il contratto sarebbe tagliato del 40%.

Insomma, per l’Udinese, fatturato nel bilancio 2022-2023 di 126,8 milioni contro i 78 dell’esercizio precedente, con un +62% da mettere negli annali, sarebbe un colpo al cuore vero e proprio la retrocessione.

Con un aggravio “psicologico” da non sottovalutare: riuscirebbe una società abituata da 29 anni ai pranzi luculliani del paradiso della massima serie a riconvertirsi a pane e salame e vittorie da prendere con le unghie e con i denti a Cosenza, Catanzaro, Lecco, Reggio Emilia piuttosto che Cittadella?

Salto nel buio da evitare

Eccola, dunque, ritornare, una delle pietre miliari della filosofia Udinese targata Pozzo: incremento del fatturato e riduzione del rischio di finire in B. È chiaro che qualcosa quest’anno, forse mai come prima d’ora, sia andato storto.

Perchè, parallelamente all’esplosione del fatturato, a seguito di politiche virtuose e lungimiranti portate avanti negli ultimi esercizi (compresi quelli durissimi del Covid), non è arrivata quella della squadra ora guidata da mister Cioffi.

Mercato sbagliato, sottovalutazione delle altre squadre, presunzione nel voler travasare giocatori (scarsi) della Championship inglese, e in particolare dalla consociata Watford, nella Serie A, campionato di pescecani se ce n’è uno: ecco i motivi della crisi.

E aggiungiamone un altro, spesso sottovalutato: incapacità di investire sul mercato degli allenatori puntando su una guida sicura e di prospettiva. Eppure, a leggere il bilancio, le altre 19 società di serie A, e la stragrande parte di quelle europee, vorrebbero avere i conti dell’Udinese.

Motore plusvalenze

Il “motore” del bilancio resta quello storico: le plusvalenze. Se al 30 giugno 2022 erano state di 16.9 milioni, la differenza tra prezzo di acquisto e soldi incassati dalla vendita dei calciatori bianconeri (per spiegarle in soldoni) sono volate a 50 milioni grazie alle cessioni di Molina all’Atletico, Soppy all’Atalanta, Makengo al Lorent e Udogie al Tottenham.

Con, da giugno a ora, già oltre 30 milioni incassati dalle successive cessioni di Becao al Fenerbahce e Beto all’Everton. Giustamente – e sottolineamo giustamente – l’Udinese è una società venditrice.

E c’è di più, al 30 giugno scorso se il valore a bilancio della rosa era di 44,9 milioni, contro i 36 dell’esercizio precedente, ora la squadra di Cioffi ha una quotazione di mercato ipotetica ma realistica, perchè i dati sono elaborati dall’autorevole sito Football Benchmark, di 185,9 milioni, contro i 138,5 di un anno fa.

Significa che Samardzic, Walace, i “cavalli pazzi” Ebosele e Kamara nonchè gli altri hanno un valore di mercato di quasi duecento milioni di euro. Il tutto a fronte di un monte stipendi di 40 milioni di euro, contro i 41 dell’anno prima, e di costi della produzione che si attestano sui 120 milioni di euro contro i 144 del bilancio 2021-2022 con una riduzione del 17%.

Come si riduce l’indebitamento del 18%.

Bilancio in rosso (relativo)

Il bilancio 2022-2023 dell’Udiense calcio ha chiuso, quindi, con 3,3 milioni di passivo contro i 69 dell’anno prima. Perché? Semplice, le plusvalenze sono aumentate e stavolta solo gli ammortamenti del marchio e dello stadio (circa 6,5 milioni) hanno negato un esercizio in attivo, comunque virtuale.

Perchè, con 10 milioni di sponsorizzazioni garantite all’anno e 8 milioni (contro i 5,1 del 2022) di incassi dallo stadio Friuli, ora marchiato Bluenergy Stadium (con l’azienda friulana sponsor del club assieme alla Regione col marchio “Io sono Fvg”, che garantiscono introiti superiori a quelli della storica Dacia), la società dei Pozzo ha fatto un capolavoro: uscire addirittura rafforzata dalla buriana Covid.

Stadi chiusi, incassi azzerati o quasi per due stagioni, un impianto quello dei Rizzi da pagare (il piano di ammortamento rivisto dopo il Covid è di 65 milioni).

Bene, grazie ai benefici del “decreto agosto del 2000” sulla sospensione degli ammortamenti causa virus, e soprattutto alla lungimirante rivalutazione di stadio e marchio, l’Udinese ha superato la tempesta continuando ad alimentare il circlo virtuoso delle plusvalenze, puntellando, come si vede dall’ultimo esercizio, il fatturato, tenendo a bada i costi (in primis il monte stipendi) e concludendo anche campionati a centro classifica, due stagioni fa addirittura con qualche vago sogno europeo a metà primavera.

Ebitda da capogiro

Non è finita, c’è ancora il numeretto magico del Margine operativio lordo, l’Ebitda per i commercialisti. Il valore dell’azienda Udinese, un anno fa a -3,4 milioni ora è schizzato a 54,9 milioni.

Per i tecnici, moltiplicato per 4 o 6, è il valore di mercato di un’azienda. Quel numeretto magico quanto sarebbe con la squadra in serie B?

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