Lega Pro, si accende la rivalità col Venezia: ora il Pordenone è temuto

PORDENONE. L'approdo in Lega Pro, la semifinale playoff all'Arena Garibaldi di Pisa dello scorso anno, le vittorie con il Venezia all'andata e all'Euganeo di Padova di questa stagione, il “premio” della critica per il gioco più piacevole del campionato.
Mancava soltanto una cosa al Pordenone per la definitiva consacrazione nel calcio che conta davvero. O meglio due: la prima in assoluto è il nuovo stadio, che ancora non c'è.
La seconda ha avuto origine nell'ultimo mese, e domenica, nella super sfida del Penzo, ha scritto il suo primo capitolo: la rivalità con la grande piazza, il Venezia che ha paura del Pordenone.
Il suo ds, Giogio Perinetti, un santone fra i dirigenti del calcio italiano, che si lamenta dei tanti rigori assegnati ai ramarri – peraltro quasi tutti sacrosanti – e nello scontro diretto la spunta anche grazie a un paio di penalty non concessi.
E poi quel gol di Ingegneri annullato. Il presidente Lovisa che a fine gara tuona contro i lagunari nella pancia del Penzo: «Un arbitro non può dare un rigore del genere, Perinetti impari a stare zitto».
Il boss del Venezia Joe Tacopina che ribatte: «Il Pordenone non può avere un rigore a partita, l'unica cosa che conta è che adesso ha 10 punti di svantaggio ed è fuori dai giochi. Le parole contro Perinetti sono ridicole, Lovisa pensi alla sua squadra».
Da che pulpito, verrebbe da dire. E non si sono estraniati dalla “lotta” nemmeno Tedino e Inzaghi, dando seguito all'episodio dell'andata, quando Pippo mancò la stretta di mano con Bruno al triplice fischio.
«L'educazione me l'hanno insegnata i miei genitori, da Inzaghi non ho nulla da imparare», ha affermato in sala stampa il tecnico del Pordenone. E probabilmente nemmeno sul piano sportivo, visto che dopo il vantaggio immediato del Venezia il Pordenone ha comandato il gioco per tutta la gara e avrebbe meritato quantomeno il pareggio.
Il risultato però dice 1-0 Venezia, Pordenone a meno 10 – in attesa del recupero di Teramo mercoledì – e terza sconfitta nelle ultime sei gare per i ramarri, che hanno comunque il dovere di continuare a crederci. Anzi, la coda velenosa del big match di sabato può essere la molla per lanciarsi col coltello fra i denti nella volata finale.
Perché è vero, il risultato del campo è l'unica cosa che conta e gli scontri verbali del post-partita non sono mai edificanti, ma questo pepe dimostra quanto il Pordenone è temuto.
Ed è stimolante, per certi versi affascinante, per una società che mai ha raggiunto questi livelli, sfidarsi non solo a pallone con un glorioso club del calcio italiano, guidato da un magnate americano, un direttore da serie A e un campione del mondo.
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