L’accusa: «Logo copiato». Ma il Pordenone lo difende

PORDENONE. Il caso scoppia sulla pagina Facebook del Pordenone: «Logo copiato» è l'accusa di alcuni utenti, che hanno notato l'uguaglianza tra il nuovo simbolo del Pordenone e il logo di Hayete, un sito web dedicato a tutorial e guide di videogames.
La similitudine è netta e il club, dopo essere stato duramente attaccato, ha scelto la via della diplomazia e quella consueta dell’ironia per rispondere alle accuse di “plagio”. La società sostiene di non essere stata a conoscenza dell'esistenza del precedente stemma. Fatte le verifiche del caso, ha riconosciuto la vicinanza tra i due loghi, rispondendo così ai commenti degli utenti: «Effettivamente sono fratelli. Convivremo». Il simbolo dunque rimane, ora l'obiettivo del club sarà di farlo entrare nei cuori e nei gusti dei tifosi.
La polemica. Il nuovo logo neroverde non era passato inosservato, anzi. Aveva diviso la tifoseria e non solo, raccogliendo più pareri negativi che positivi. Ma nella serata di martedì è esploso il “bubbone”: un utente della pagina Facebook della società neroverde ha postato l’emblema di Hayete.net (c’è anche un canale Youtube, come ha subito provveduto a segnalare un attento osservatore) dimostrandone la pressoché identicità. Naturalmente la rivelazione ha portato il popolo del web a scatenarsi contro il club neroverde.
Del quale non mettiamo in dubbio la buona fede, però è innegabile che la somiglianza tra i due loghi è imbarazzante: stesse proporzioni, stessa forma, stessi angoli delle linee interne. Persino i colori.
I precedenti. Nel 2001 lo Spezia cambiò logo. Scelse di riprende il cerchio con il monogramma Acs (Associazione calcio Spezia) con l’aggiunta di un’aquila stilizzata sul profilo superiore. Nel 2005 si scoprì che il marchio era pressoché uguale a quello di un’azienda norvegese, che minacciò azioni legali. Il club ligure fu costretto a cambiare emblema.
Ma si può, nel caso del Pordenone, parlare di plagio? No, secondo quanto sostiene il professor Cesare Galli, titolare della cattedra di Diritto industriale dell’Università di Parma. «Il contraffattore – aveva spiegato al sito Calcioefinanza.it – non punta a diffondere un proprio messaggio, ma attraverso l’uso di un segno uguale o molto simile a quello altrui mira ad agganciarsi al messaggio che a tale segno è collegato, sfruttandone le valenze positive; chi invece al segno pur simile ricollega un proprio messaggio del tutto autonomo dal primo riesce di regola a evitare ogni agganciamento e contaminazione».
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