La pandemia non ferma il ricordo della leggenda di Ottavio Bottecchia

la storia
Una leggenda si ricorda, anche all’epoca del coronavirus o, speriamo, dell’immediato post pandemia. Una leggenda si ricorda dove, 93 anni fa, fu trovata agonizzante da un contadino. Perché Ottavio Bottecchia è un caposaldo della storia del ciclismo mondiale. “Botescià”, come cominciarono a chiamarlo i francesi dopo le sue imprese al Tour de France sarà ricordato, a distanza, con le mascherine, senza fare assembramenti, insomma seguendo tutto il rigido protocollo post-pandemia, anche in questa complicata fine primavera. L’appuntamento è, come ogni anno, al cippo in suo onore a Peonis, frazione di Trasaghis sulla strada a fianco al Tagliamento che ora prende il nome dal campione di San Martino Colle Umberto. Il 3 giugno 1927 partitì da Pordenone per un allenamento fin nella pedemontana friulana e ritornò a casa da morto.
Sulla fine di Bottecchia si è detto e scritto tutto e il contrario di tutto, sono state fatte inchieste, pubblicati libri.La sua morte, il 15 giugno 1927 all’ospedale di Gemona dopo 12 giorni di coma, resterà sempre un mistero. E quella fine carica di ombre continua ad alimentare il mito del ciclista, due volte vincitore del Tour de France, già e soprattutto all’epoca la corsa più massacrante e prestigiosa del mondo.
Se c’è un protagonista, in questi anni, del ricordo del campione, questo si chiama Ivo Negro.L’ex sindaco di Trasaghis, ha fatto del ricordo di “Botescià” una missione. Ricerche di ventati libri pubblicati dal Comune, convegni.
E l’immancabile telefonata che ogni anno di questi tempi arriva al Messaggero Veneto. Lui chiama. Tu sai che ti cerca per il ricordo del mito. «Il 15 giugno l’appuntamento è al cippo, ci sono i due sindaci, mi raccomando», dice. Quest’anno con ancora più forza: «Ci saremo nonostante il lockdown. Più forti anche della pandemia, nel ricordo del campione». Poi la telefonata aggiuntiva: «ha vinto due Tour, era importante». No, Ivo, non era importante, è “il ciclismo”.
Classe 1894, medaglia di bronzo al valor militare per le gesta al fronte, muratore con sette fratelli, va forte in bici. Viene notato da Ganna, vincitore del primo Giro d’Italia nel 1909 e diventa professionista a 27 anni. Alla Sanremo del 1923 giunge nono. Non consuma il rifornimento per portarlo in Friuli ai fratelli. Arriva quinto a Giro, al Tour 1923 viene ingaggiato dai fratelli Pelissier, veste per sei tappe la maglia gialla (primo degli italiani), l’anno dopo e quello seguente vince il Tour. Nel 1924 è in giallo dalla prima all’ultima tappa. Diventa un benestante, acclamato pure dal regime. Il 3 giugno 1927 Bottecchia viene trovato a terra agonizzante a Peonis. Caduta per un malore, pestaggio da parte dei fascisti o lite con un contadino finita male? Dal 1974 i Comuni di San Martino e Trasaghis si ritrovano al cippo per ricordarlo. Accadrà anche lunedì con i sindaci Stefania Pisu (Trasaghis) e Sebastiano Coletti (Colle Umberto). Una comitiva guidata da Enrico Melchior, già presidente del Pedale Gemonese, renderà omaggio a Bottecchia pedalando fino al cimitero di San Martino per deporre un mazzo di fiori. La piccola comitiva ripartirà poi per arrivare alla cerimonia al cippo. Perché i miti si ricordano. Anche al tempo del coronavirus —
A.S.
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