La leggerezza del salto in alto in Friuli Ecco l’omaggio perfetto al grande Talotti

Il professor Gasparetto, scopritore e allenatore dell’atleta scomparso in maggio, racconta in un libro le forti radici della disciplina a Nord Est 
Antonio Simeoli



Il salto in alto, disciplina dell’atletica leggera che grazie a “Gimbo” Tamberi, ha dato grandi soddisfazioni all’Italia nell’anno appena concluso, può essere sintetizzato con il termine “leggerezza”? Sì, eccome, specie se lo fa uno dei maestri della disciplina in Friuli, quel professor Mario Gasparetto che, a meno di un mese dalla terza edizione di UdinJump Development, il meeting che a Udine radunerà ancora il fior fiore dei migliori saltatori in alto del mondo, ha sfornato il saggio “Della leggerezza o del salto in alto in Friuli. Una storia lunga un secolo”.

Manuale scritto con una mano pensando alla fantastica storia del salto in alto da queste parti nell’ultimo secolo, con l’altra, e gran parte della mente, pensando e ripensando al campione cui l’opera è dedicata, quell’Alessandro Talotti, che lui scoprì 11enne su un campo di calcio, aiutò a diventare una star dell’atletica e che non c’è più dallo scorso 16 maggio portato via da una malattia che non gli ha lasciato scampo a soli 40 anni.

Proprio “JJ” Ale Jet o come lo volete chiamare, è stato l’ultimo dei grandi del salto in Friuli, terra di grandi calciatori, alti e forti giocatori di basket, sciatori e tanto altro nello sport, ma, soprattutto, verrebbe da dire sfogliando le pagine del piacevole libro, terra di saltatori in alto. Disciplina solo all’apparenza semplice. Si salta, più o meno con la tecnica preferita al tempo, più in alto che si può senza far cadere l’asticella. Niente di più falso, dietro al salto, e il prof lo spiega bene, ci sono fior di studiosi che analizzano, salti, rincorse, progettano, indagano, da oltre un secolo. E continueranno a farlo, specie a Udine grazie alla collaborazione avviata dagli organizzatori del meeting con l’Università, anche nei prossimi anni.

Perché il salto è forza, talento, ma soprattutto tecnica. E in Friuli è storia. Almeno dal 1920, quando a Treviso il 17enne Ottorino Aloisio, saltò un metro e settanta conquistando il campionato italiano. Più di cent’anni fa. La tecnica? Oggi farebbe sorridere. Meglio ricordare la ventata di novità portata nel secondo dopoguerra a Udine dall’esule istriano Ovidio Bernes, uno dei padri della disciplina, cui non a caso sarà dedicato l’impianto al coperto di Udine, che di fatto avviò in città una vera e propria scuola. Ci siamo. L’asticella sale ed entrano in scena due giganti dello sport friulano: Enzo Dal Forno, che salta, e il mitico professor Faustino Anzil, che insegna a saltare. Una coppia che “spacca”: il saltatore di Pasian di Prato, classe 1950, che negli anni Settanta, tanto per dare l’idea del personaggio saltava “una cabina telefonica” quattro volte migliorò il record italiano di Erminio Azzaro (poi diventato il signor Simeoni) portandolo da 2.18 a 2.22 e andando a fare il protagonista alle tristemente note Olimpiadi di Berlino. Era “un ventralista” Dal Forno, superava cioè l’asticella di pancia. Poi? Gasparetto annota. E segnala l’ingresso sulla scena di Donatella Bulfoni, figlia di uno dei fondatori della Libertas Udine. La ragazza, poi imitata dal cugino Fulvio, salta, e tanto, anche grazie al nuovo stile “Fosbury” ma ha la sfortuna di trovarsi davanti la più grande in quel periodo: Sara Simeoni.

Il tempo passa e i campioni si moltiplicano. Ecco Bruno Bruni e poi Massimo Di Giorgio che nella stessa notte a Bologna, correva l’anno 1979, salirono in una memorabile gara fino a 2.27. C’è il filone dei saltatori e quello dei tecnico: il professor Sergio Zanon e poi i primi diplomati udinesi dell’Istituto Superiore di Educazione fisica: Romano Bulgoni, Lucio Boccardi, Franco Colle, Faustino Anzil, Franco Casarsa, Ugo Cauz. Per migliorare la rincorsa nei salti questi ultimi addirittura a metà anni ’70 vanno in Finlandia a confrontarsi con i colleghi. Il salto viene studiato, analizzato, nei minimi dettagli. La ricorsa forse ancora di più. E l’asticella sale. Massimo Di Giorgio vola a 2.30, Luca Toso di Feletto Umberto, altro grande, porta il record italiano a 2.32. Poi entra in scena Alessandro Talotti, gli anni Duemila sono i suoi. E il “filone” pordenonese con un talento come Alessia Trost e un tecnico di prim’ordine come il compianto Gianfranco Chessa?

Tornando a Talotti è sua l’idea di racchiudere assieme ai suoi amici Massimo Di Giorgio, Luca Toso, Gasparetto e altri questa magnifica avventura nel contenitore di UdinJump Development e di legarsi all’Università. Va letto tutto d’un fiato il libro di Gasparetto, parallelamente, sempre nel segno di “Ale jet”, sarà avviata una raccolta di donazioni a favore dell’Associazione nazionale donne operate al seno, l’Andos.

Poi, il 2 febbraio, arriverà il meeting. Non azzardatevi a chiamarlo memorial Ale (non lo sopporterebbe), arriveranno altri studi sul salto. E l’asticella si alzerà ancora. Vedrete anche per merito di ateti friulani. Lo dice la storia. —



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