«Kristancic, una scienza del basket»

Tavcar sul coach, morto giovedì, che portò Udine in A per la prima volta nel ’68
Di Valerio Morelli

Udine cestistica piange il padre tecnico della sua prima serie A, il vero ’68 al palasport di via Marangoni e dintorni. Boris Kristancic, macedone di Skopje che avrebbe compiuto 83 anni il 21 novembre prossimo, ha raggiunto in un angolo arancione del paradiso Sebastiano Marzona, suo primo presidente all’Associazione pallacanestro udinese dal 1966 al 1968, e Rino Snaidero, sponsor salito alla presidenza solo dopo la promozione.

Al cavaliere del lavoro, Kristancic regalò sùbito il quinto posto in serie A 1968 - 1969 al pari di All’Onestà Milano, Cantù e Fortitudo Bologna, dietro Varese campione, Olimpia Milano, Napoli e Reyer Venezia.

Piazza bissata – dopo due stagioni snaiderine con Benvenuti in panca e poi l’ex ct azzurro Paratore – nel 1971 - ’72 in cui l’ingegnere edile Boris, pendolare in auto sull’asse Lubiana - Udine, guidò la Snaidero all Italia di Bovone e Cosmelli dopo l’equivoco di 4 gare con Jerry Nelson per Usa. Altro quinto posto, stavolta con la Virtus Bologna, dietro Milano regina, Varese, Cantù e Venezia. Sempre con ruolino di 11 gare vinte e altrettante perse a stagione. Prima di passare la mano ad A 1972 - 1973 in corso a Ezio Cernich: Snaidero, addizionata con David Hall, alla fine quarta con V nere e All’Onestà a debita distanza da Varese tricolore, Olimpia e Cantù. Se Udine perde il padre tecnico della sua prima grandeur cestistica arancione, Sergio Tavcar, inimitabile voce di Tele Capodistria, triestino della minoranza slovena e uomo dei due mondi confinanti del basket, ricorda una guida spirituale. «Potremmo parlare di Kristancic dalla mattina alla sera – dice – è un gigante assoluto. Fra le tante persone che ho conosciuto in vita mia è la più intelligente. Aveva lungimiranza e visione, anche politica, nel vedere più avanti le cose. Altre persone così intelligenti non ne ho conosciute nel basket». Detto da Tavcar, che considera il basket uno sport per persone intelligenti («lo era», annota a malincuore e siamo in buona compagnia nel pensare che ormai sia popolato più da fisici che da teste), è un certificato di garanzia.

«Ho avuto la fortuna di ascoltarlo – riprende –, più che di parlargli. Era una persona che vedeva più avanti le cose, sulle quali altri arrivavano anni dopo. E’ stato giocatore, anche nazionale, allenatore, dirigente e capo supremo del basket sloveno e yugoslavo. A metà degli Anni Ottanta ha avuto un cancro allo stomaco, l’hanno operato e gliene hanno asportato mezzo. Lo davano per spacciato, ha vissuto altri trent’ anni sempre lucido. Con idee sulle quali non c’è persona in Slovenia che non si sia confrontata e, assieme ai grandi vecchi del basket yugoslavo, ne ha fatto le fortune».

Sostenitore dell’attività delle nazionali per lo sviluppo del basket, al contrario di Aldo Giordani che parteggiava per i club, «Kristancic ha spostato già nell’88 il baricentro dal campionato yugoslavo all’Alpe Adria. E’ un mio vanto assoluto che mi abbia chiamato a collaborare». Parlava a Tavcar di Udine? «Non granché, solo se gli si chiedeva qualcosa. Ricordo che nel 1968 fece entrare dalla porta di servizio al Marangoni strapieno l’allenatore del Bor, Mario Mari, e me per vedere Snaidero - Ignis».

Kristancic, giovedì scorso, è mancato poche ore dopo Ranko Zeravica, morto mercoledì notte, santone serbo del basket: «Altro super, extra. Kristancic, però, era di un altro pianeta. Era bello ascoltarlo: abbeverarsi a una fonte di scienza, è sempre una gioia intellettuale».

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