Jack Galanda fa le carte all’Apu: «A Udine serve solo fiducia»
L’ex azzurro gioca in anticipo la sfida-salvezza tra Varese e Udine: «Domenica la fame può darle la spinta»

Pazienza, tempo e fiducia. È questa, secondo Giacomo Jack Galanda, la ricetta di cui ha bisogno l’Apu Old Wild West per uscire dalla crisi di risultati attuale. L’ex giocatore azzurro, udinese doc, analizza per noi il difficile momento della squadra bianconera e getta uno sguardo anche su Varese, con cui vinse lo storico scudetto della stella nella stagione 1998/1999.
Galanda, l’Apu è ultima con due punti in classifica a braccetto con Treviso. Come si esce da questa situazione?
«Il momento è delicato, perché vincere aiuta a vincere, ma perdere ti mette insicurezza e insinua dubbi nella testa dei giocatori. La partenza è stata in salita, visto il calendario, con partite chiave in trasferta (il derby, Sassari, Cantù) e tante big in casa. Con un po’ di fiducia ed esperienza in più si poteva fare qualche colpaccio. Credo che tutti a inizio stagione fossero coscienti dell’avvio difficile. Aver vinto a Sassari con una diretta concorrente è già una cosa buona, il vero campionato però inizia ora. Senza guardare troppo lontano o fare calcoli, pensando solo alla prossima partita. E senza spaventarsi, perché bastano un paio di vittorie di fila per risalire».
A Udine si parla tanto di tagliare qualcuno dal roster. Lei come agirebbe?
«Per ciò che ho visto dico che secondo me l’amalgama non è ancora completo. Il roster non mi sembra male, ci sono risorse ancora da tirare fuori. Credo che l’Apu debba giocare più coralmente: i giocatori devono fidarsi della squadra, ma al giorno d’oggi trovare atleti che giocano così, specialmente in difesa. Quindi dico che servono pazienza, tempo e fiducia, i giocatori devono seguire il coach».
Vertemati andrebbe messo in discussione?
«Assolutamente no, perché ha le idee chiare. Per come ho vissuto io il basket da giocatore, bisogna cambiare meno possibile all’interno della stagione. Un tecnico ha bisogno di tempo, i gruppi vincenti si costruiscono in mesi, anzi anni. In situazioni particolari è chiaro che può servire una sveglia, ma io sono per il lungo periodo».
Varese invece sta rialzando la testa. Come la vede?
«È reduce dalla vittoria contro Cantù, ma il derby è una partita che fa storia a sé. Librizzi da varesino è quello che la sentiva di più, ha aiutato molto i nuovi in questo senso e credo che la componente territoriale in un match giunto alla sua 149ª edizione abbia dato qualcosa in più ai biancorossi».
Come giudica il nuovo assetto varesino?
«Hanno cambiato molto, per anni giocavano un basket “run and gun” mentre il coach attuale ha preso una direzione diversa. La metamorfosi è tuttora in corso d’opera, si sta seminando per raccogliere più avanti, anche se qualche frutto s’intravede già».
Ci fa un pronostico?
«Per me è difficile fare pronostici, perché dal punto di vista emotivo sono due squadre speciali. Non posso nemmeno dire di essere diviso 50/50, perché il mio cuore è 100/100. Da una parte c’è la mia Udine, la città più bella del mondo, dall’altra Varese, squadra con cui ho vissuto emozioni indimenticabili. Ecco, se devo indicare un fattore, dico che l’Apu probabilmente ha più fame di vittoria, e questo può darle una spinta decisiva».
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