Il Giro d’Italia applaude i friulani: Milan secondo in volata a Napoli nel giorno in cui De Marchi sfiora l’impresa

Il 22enne di Buja battuto in volata solo da Mads Pedersen, il compaesano De Marchi ripreso a 200 metri dall’arrivo dopo una lunga fuga

Antonio Simeoli
Jonathan Milan sul palco di Napoli per la premiazione della maglia ciclamino
Jonathan Milan sul palco di Napoli per la premiazione della maglia ciclamino

NAPOLI. La inseguiva dal 2011, il suo primo Giro d’Italia, l’aveva sfiorata al Giro del 2021 la prima tappa e si era consolato, chiamatela consolazione, vestendo per due giorni la maglia rosa. A Napoli Alessandro De Marchi, 37 anni il 19 maggio, di Buja, ci è andato vicino fino ai 200 metri. Poi il gruppo è rinvenuto con una volata imperiosa ha vinto la tappa Mads Pedersen (Trek), davanti a uno strepitoso Jonathan Milan, un altro bujese sempre più rivelazione di questo Giro d’Italia. Terzo Kadel Groves (Alpecin).

E’ questo l’esito di una spettacolare sesta tappa del Giro, da Napoli a Napoli.

Sole. Ed è la sola cosa che contava per i corridori ieri a Napoli alla partenza della sesta tappa in piazza Plebiscito. Perché correre sulle stradine-tranello della costiera Amalfitana sarebbe stato un bel problema. Invece, come l’anno scorso, la tappa partenopea è diventata uno sport per Napoli e dintorni dove il colore predominante, do dominante, è in questi giorni l’azzurro, e non solo per il mare.

Tutta la città è imbandierata per lo scudetto di Osimhen e compagni. Inevitabile l’omaggio dei ciclisti. Come quello del campione del mondo Remco Evenepoel (Soudal-Quick Step) con qualche applauditissimo palleggio sul palco del foglio forma, imitato da tanti altri atleti ed ex campioni come Vincenzo Nibali. Era il capitano della nazionale belga under 16 di calcio Remco prima. Aveva talento. Ha scelto la bici. E ieri tutti attendevano le sue parole dopo le cadute di mercoledì. «Sto bene, la notte è stata buona, le botte ci sono ma i fisioterapisti hanno fatto un bel lavoro. Certo che se i proprietari di quel cane che mi fatto cadere mercoledì l’avessero tenuto al guinzaglio».

Sì, è stata la tappa perfetta per Evenepoel per metabolizzare le botte della tappa di Salerno in vista dell’attesissimo tappone appenninico di oggi con arrivo a Campo Imperatore tra due muri di neve. Pompei, Valico del Chiunzi, dove Pantani fu tradito da un gatto nel 1997 ma che ieri i corridori hanno passato indenni. E poi Ravello, Amalfi, Positano, Picco di Sant’Angelo, l’altra salita prima della picchiata verso il lungomare di Napoli con quei 5 km finali non banali anche per il vento contro.

Uomini di classifica a controllare, soliti coraggiosi a provare la fuga risolutiva. In cinque se ne sono subito andati, tra questi due temerari, espertissimi, hanno provato a rovinare la terza volata di gruppo di questo Giro: l’australiano Simon Clarke e il friulano Alessandro De Marchi. Due veterani che annusano l’aria e tengono il serbatoio delle energie pieno per il rush finale. Perché dietro le squadre dei velocisti tirano forte negli ultimi 50 km dalla fine.

La Trek Segafredo per far vincere la prima tappa a Mads Pedersen, la Alpecin per portare al bis Kaden Groves e la Bahrain Victorious per quello di Jonathan Milan, che vuole difendere la maglia ciclamino. Ritmo folle e Primoz Roglic (Jumbo), tanto per non farsi mancare nulla in questo inizio di Giro non certo fortunato, fora, deve inseguire il gruppo ma ce la fa. Poi cade la catena ad un altro big, Geraint Thomas (Ineos), anch’egli a inseguire subito aiutato da Filippo Ganna e Ben Swift. Questo è il Giro signori, in ogni metro di strada puoi vincerlo o perderlo. Rientrano, perché “San Ganna” è una locomotiva.

I fuggitivi vanno. Un minuto a 10 km dalla fine. Dura per il gruppo. In questi casi la gente tifa per chi scappa. Scontato. Ma vengono ripresi a 200 metri dall’arrivo priuma di una super volata. Vinta da Pedersen con Milan secondo: e dire che i due radio mercato dice che la prossima stagione correranno alla Trek insieme.

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