Il Friuli saluta Janich: partì da Spilimbergo e vinse lo scudetto con il Bologna del ’64
L’ultimo duello, quello con la grave malattia con cui combatteva da mesi non l’ha potuto vincere. Lunedì mattina Franco Janich si è spento all’età di 82 anni in una clinica poco distante da Nemi, la località dei Colli Romani che si affaccia sull’omonimo lago, là dove aveva scelto di vivere assieme alla moglie, e una volta arrivata la notizia, il cordoglio è arrivato puntuale da tutte quelle componenti calcistiche a cui il friulano ha dato tanto, nel corso della sua luminosa carriera.
Il Bologna ha subito piazzato sulla home page del proprio sito ufficiale la foto di uno dei suoi miti indiscussi. Era lui, infatti, il pilastro difensivo del famoso Bologna allenato da Fulvio Bernardini, quello del settimo scudetto (1963-’64), formando una coppa di centrali imperforabili con Tumburus.
Per lui, nato a Udine il 27 marzo 1937, i rossoblù sborsarono 100 milioni di vecchie lire, una cifra enorme per i tempi, acquisendo la forza di un difensore roccioso e leale (mai espulso) ma soprattutto un uomo carismatico, come ricorda il fratello Edoardo.
«Diceva sempre che era meglio darle che riceverle, ma era corretto e soprattutto intelligente, arguto e leader con i compagni. Metteva a disposizione le sue capacità e non è un caso che all’età di 21 anni diventò uno tra i capitani più giovani per quei tempi».
Di Janich, che veniva soprannominato “l’armadio” per la stazza del suo fisico, si ricorda anche la grande vitalità, con i lazzi e le battute al fulmicotone, perché non amava prendersi troppo sul serio e altrettanto faceva col mondo.
Una volta gli fecero notare che in 427 partite di serie A non aveva mai segnato un gol e lui rispose che se ne avesse segnato anche un solo non sarebbe stato unico. Anche Pier Paolo Pasolini, innamorato del Bologna al punto da dipingere la sua stanza da letto a strisce rossoblu, lo vide come un esempio.
Nel film documentario Comizi d’amore, Pasolini intervista anche Janich assieme a Pascutti e Bulgarelli. E pensare che l’Udinese ai tempi lo scartò, così lui, da studente del Malignani, andò a giocare a Spilimbergo, in quarta serie, per poi lanciarsi all’Atalanta e poi alla Lazio dove iniziò il sodalizio con Bernardini che lo portò al Bologna, club con cui giocò dal 1961 al ’72.
Conclusa la carriera da calciatore, intraprese quella da Ds alla Lazio, al Bari, al Napoli e al Bologna stesso.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto