Il caso doping, Anna Incerti: «Ora per un abbaglio non fatemi perdere Rio»

UDINE. Suoniamo il campanello a casa Scaini-Incerti poco prima delle 9 del mattino. Sappiamo che Anna, la più forte maratoneta italiana non è in casa, perché è volata nella sua Bagheria ad allenarsi. Sappiamo anche che può essere un giorno qualsiasi dopo l’esplosione del caso dei 26 atleti di punta dell’atletica italiana accusati d’aver eluso i controlli antidoping.
Appartamento in centro a Udine. Terzo piano. C’è il tappeto natalizio, l’albero di Natale; ci sono i giochi della piccola Martina, c’è una scarpiera piena di Nike che i due atleti usano per allenarsi. In cucina sul tavolo un mare di carte. E soprattutto c’è un marito, un uomo, un atleta spaesato.
Stefano Scaini dopo anni nel Gruppo Sportivo della Guardia di Finanza ora lavora per le Fiamme Gialle non correndo, ma in ufficio. Quando gareggiava ha vinto per due volte il titolo mondiale di corsa in montagna. Quinto ai Mondiali under 23 nei 5 mila, era stato dirottato dai tecnici sulla maratona.
«Perché l’obiettivo di un atleta è partecipare a un’Olimpiade e l’unico modo per farlo era cercare di strappare il minimo su quella distanza», spiega. Il colmo, a confermare il talento e la passione per l’atletica, è che il tempo utile l’ha poi conquistato tre anni fa prima dei Giochi di Londra, quando era già uscito dal Gruppo sportivo e quindi si allenava (due volte al giorno) prima e durante l’orario di lavoro.

In un polverone in cui si tirano in ballo il doping, l’integrità morale degli atleti, si ipotizzano complotti e altro, questo è un particolare non da poco. A noi sembra una garanzia di serietà.
«Ah, avevo il minimo - continua Scaini - ma poi la federazione di atletica (Fidal) che aveva la facoltà di convocare due ragazzi, ne ha portato uno solo...». Addio Olimpiade?
Non proprio. Perché alle Olimpiadi, prima a Pechino e poi a Londra, Scaini c’è stato ugualmente come aiuto allenatore del coach di sua moglie Tommaso Ticali.
Ora l’Olimpiade di Anna Incerti, la sua terza partecipazione ai Giochi, è a rischio. Perché la richiesta di due anni di squalifica sulla 35enne atleta di Bagheria pende come una spada di Damocle. Stefano ha appena postato sul profilo Facebook della moglie alcune sue dichiarazioni.
«Io sono a posto - scrive la campionessa Europea di maratona nel 2010 - sono serena e sicura che quanto sta riempiendo i giornali non è altro che un abbaglio...Inutile che spieghi la vicenda, del tipo sistema cartaceo che nessuno inoltrava a chi di dovere, o piattaforme whereabouts che non caricavano i dati...o ancor peggio dirigenti che non ci comunicavano nulla di questo...Oppure una quarantina di controlli fatti. Il colmo è che tra questi c’erano anche quelli a sorpresa fatti a casa», scrive la maratoneta udinese d’adozione.
Stefano conferma. E aggiunge: «Anna è andata una settimana a Bagheria dai parenti per fare gli auguri di Natale, è la con la bimba, si allena, ma...questo non ci voleva, è distrutta. Noi andiamo nelle scuole a insegnare lo sport pulito».
Il finanziere ci aspettava con il pc acceso. Passo dopo passo ci mostra come funziona il sistema antidoping. Sul pc ha archiviato tutto: dal vecchio modulo che Anna, compilato adeguatamente con la reperibilità di tre mesi in tre mesi, doveva spedire via fax, alle evoluzioni del sistema informatico. Il discusso sistema “whereabouts”, poi il portale della Wada (l’agenzia mondiale antidoping) dove indicare gli spostamenti e la reperibilità, fino al sistema Adams, quello per intenderci sperimentato dai ciclisti da anni e che pare molto più sicuro.
Ma nel periodo 2011-2012, quello indicato dalla Procura antidoping come “madre di tutte le anomalie” e origine della richiesta di squalifica?
«Ecco qui le mail che spedivamo, una per una, eccole qui», il maratoneta 32enne mostra tutto. Persino le mail che arrivavano dalla Fidal in cui si invitava genericamente gli atleti (la mail è cumulativa si leggono gli indirizzi di tutta la sessantina di atleti, la crema della nazionale coinvolta nell’indagine) a mandare in tempo i moduli.
«Legga qui - mostra Scaini - generici inviti, nessuna minaccia di sanzioni, nulla di nulla». Suona il telefono. È Stefano La Rosa, gruppo sportivo carabinieri: fortissimo maratoneta, in corsa più che mai per un posto a Rio. Chiede lumi, si dice disorientato.
«C’erano atleti che nemmeno sapevano come si compilava il modulo di reperibilità - continua Scaini - questa è una storia assurda. Noi inviavamo le mail, nessuno alla Fidal controllava. Le inviavano al Coni? Dicevamo che il sistema non funzionava, eppure non accadeva nulla. Ci sentiamo presi in giro, dovrebbero risarcirci per il danno che ci stanno provocato invece...».
Poi Scaini apre una busta. È il verbale dell’ultimo controllo a antidoping a sorpresa effettuato sulla moglie a Udine. Medico da Padova, suona il campanello alle 8, l’ora indicata dall’atleta, sale le scale. Accompagna in bagno la moglie, test dell’urina, via con la provetta.
Ah, prima la compilazione del modulo dove la incerti, era l’11 aprile 2015, aveva indicato gli integratori presi e il ferro. Poi un caffè offerto al medico, quattro chiacchiere e via per l’allenamento.
«Anche a Livigno in agosto sono tornati - spiega Scaini -. Eravamo ad allenarci in altura. Anna è stata sottoposta a una decina di controlli quest’anno, alcuni a sorpresa altri no. Pure il giorno prima della Maratona di New York il 1 novembre sono arrivati i medici della Wada (l’agenzia antidoping Usa, quella che incastrò Lance Armstrong ndr) ecco la ricevuta...».
Scaini non fa una piega. «I controlli sono sacrosanti - dice - il doping deve essere sconfitto». Azzardiamo la domanda: al campanello ha mai suonato uno stregone? «L’avrei preso per il collo». Aggiunge: «Anna avrebbe fatto di peggio».
Scaini sta per laurearsi a Gemona in Scienze Motorie, due esami e poi la tesi...sulla preparazione della moglie alle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Ci sarà un processo, forse in primavera, il presidente del Coni, Giovanni Malagò si è augurato ieri sia celebrato il prima possibile per “liberare” dall’incubo tre quarti della squadra olimpica italiana.
Ri-suona il telefono. È Faustino Anzil, porta la solidarietà del mondo sportivo friulano. Sensazione? Anna consuma 17 mila Kilocalorie in media in ogni settimana di allenaenti in cui percorre quasi 200 km, consuma un paio di scarpette al mese.
Fermassero la sua corsa a Rio perché qualcuno a Roma ha voluto proteggere qualcun altro finendo per inguaiare tutti sarebbe triste. Ma siamo in Italia, quindi potrebbe anche accadere.
Ah, mentre usciamo da casa Scaini suona il telefono: «Famiglia Incerti? Qui è l’ufficio sanitario della Fidal. Volevamo chiedervi se funziona regolarmente il sistema web per indicare la reperibilità». Adesso chiamano? Sì, siamo in Italia...
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