I 55 anni di Abel Balbo con lui l’Udinese diventò il club delle scoperte

Ieri il compleanno del bomber argentino qui tra l’89 e il ’93 Valorizzando i giovani i Pozzo approdarono poi in Europa
Simonetta D’este

Udine

Capelli lunghi, neri e ricci, numero 9 sulle spalle e tanti gol. In due parole, Abel Balbo. I tifosi dell’Udinese non hanno dimenticato quell’attaccante argentino silenzioso, sempre gentile in mezzo alla gente, ma un vero flagello per difensori e portieri avversari. I boccoli li ha tagliati ormai da tempo Abel, con i suoi 55 anni compiuti ieri, ma molti gli hanno fatto, anche solo idealmente, gli auguri ieri, visti che dalle gesta di questo bomber di 30 anni fa è nata l’Udinese europea. Balbo in Friuli è cresciuto e si è consacrato: fu intelligente quando decise di restare nonostante la retrocessione in serie B e lassciò Udine solo quando la squadra bianconera e i suoi sostenitori ebbero la certezza di restare in A. E lui di essere diventato attaccante vero. Giocò al Friuli tra il 1989 e il 1993, realizzando 70 gol in 144 gare, tra campionato e Coppa Italia: nel suo primo anno segnò 11 reti in 28 gare, senza calciare rigori, ma non bastò per evitare la retrocessione. E proprio nel campionato cadetto Balbo iniziò la sua ascesa: miglior marcatore con 22 centri in coabitazione con Ciccio Baiano e Walter Junior Casagrande nella stagione 1990-’91. L’anno successivo realizzò 11 reti che servirono per la promozione dell’Udinese nella massima categoria. Il ritorno in A dei bianconeri è per lui la consacrazione: in coppia con Marco Branca segna 21 reti, risultato che lo porta a condividere il secondo posto nella classica cannonieri con un certo Roberto Baggio. Ecco che nasce il mito di El Killer, che va a segno anche nello spareggio salvezza vinto dalla sua Udinese contro il Brescia sul campo neutro di Bologna.

Ha lasciato il segno Abel Balbo in Friuli, non solo per le sue prodezze sotto porta, o perché il suo primogenito Nicolas è nato a Udine e il secondo, Federico, ha studiato a Fagagna all’Istituto aeronautico, ma perché ha saputo farsi amare. Anche a distanza di anni. Qui ha lasciato tanti amici che appena può viene a trovare, senza mancare di fare un passaggio nel suo club, che è ancora attivo e ha sede a Pradamano, e che a distanza di tanti anni porta ancora il suo nome.

Ma l’arrivo di Balbo all’Udinese ha segnato una svolta, perché l’attaccante argentino, giunto in bianconero assieme al connazionale Nestor Sensini, ha dato il via a un nuovo modo di fare mercato in casa Pozzo: non più giocatori di nome a fine carriera, ma giovani su cui investire.

Insomma, da Balbo e Sensini in poi l’Udinese è diventata quell’ambito trampolino di lancio che è ancora oggi. Tra l’estate del 1993 e il gennaio dell’anno successivo con la sua cessione alla Roma, quella di Dell’Anno all’Inter e di Sensino Sensini al Parma furono incassati 33 miliardi di vecchie lire per creare poi la squadra che con Zaccheroni raggiunse per la prima volta l’Europa.

Abel invece restò in giallorosso per cinque stagioni, prima di andare al Parma, dove vince la Coppa Italia e la Coppa Uefa, e quindi a Firenze per fare il vice di Batistuta. Poi tornò alla Roma per lo scudetto. Nel 2002 il rientro in Argentina: a 36 anni si ritira. Inizia l’avventura come allenatore, nel Treviso e nell’Arezzo, ma sei anni fa decide di cambiare vita: oggi è un imprenditore agricolo. —



Riproduzione riservata © Messaggero Veneto