Giro d’Italia, completati i lavori sulla strada per il Lussari: ora manca solo la corsa rosa

La sistemazione della strada dalla Valsaisera che porta al Lussari è stata completata per tempo, proprio qualche giorno prima della caduta della prima neve in vetta. E quei terrificanti 8 km il 27 maggio potranno essere teatro della cronoscalata da Tarvisio che deciderà il Giro d’Italia 2023.

Antonio Simeoli

Lo aspettano davanti al municipio orgogliosi come sanno essere i friulani quando fanno le cose per bene. Sì, perché la sistemazione della strada dalla Valsaisera che porta al Lussari è stata completata per tempo, proprio qualche giorno prima della caduta della prima neve in vetta. E quei terrificanti 8 km il 27 maggio potranno essere teatro della cronoscalata da Tarvisio che deciderà il Giro d’Italia 2023.

Giro d'Italia, tutto pronto per la salita sul Lussari

Mentre il direttore della corsa rosa, Mauro Vegni arriva, accompagnato dal direttore di corsa Stefano Allocchio, Amedeo Aristei, il direttore della Protezione civile Fvg spiega: «Otto km sistemati, mancano solo i dettagli che faremo poco prima della tappa. Tutta la strada è stata cementata, si è utilizzato il macchinario che posa il bitume per fare presto. Il cemento, una volta consumato il primo strato, sarà duraturo e meno impattante possibile». Poi rassicura chi ha storto il naso per questi lavori da oltre 4 milioni finanziati dalla Regione.

«Dopo la tappa in quota, come da indicazioni della Soprintendenza, sul cemento verrà aggiunto uno strato di speciale conglomerato che renderà meno impattante ancora la strada che sarà transitabile solo per mezzi di soccorso e al servizio del borgo in quota, come da legge regionale e ordinanza comunale». Vicino il sindaco Renzo Zanette.

Foto di gruppo ai piedi della salita del Lussari con al centro il direttore del Giro Mauro Vegni, il direttore di corsa Stefano Allocchio e i rappresentanti del Comitato tappa guidati da Andrea Cainero
Foto di gruppo ai piedi della salita del Lussari con al centro il direttore del Giro Mauro Vegni, il direttore di corsa Stefano Allocchio e i rappresentanti del Comitato tappa guidati da Andrea Cainero

Arriva Vegni, l’abbraccio con Andrea Cainero, il figlio di Enzo, dice tutto. Si parte, conduce la nutrita comitiva il comandante della polizia mnicipale. Primo tratto, pista ciclabile, fino a Valbruna. Poi due km di strada leggermente all’insù e la salita. Sistemata fino in quota. Si può salire fin oltre a metà perché poi è già arrivata la prima neve. A Vegni e ai suoi collaboratori basta e avanza.

Chi vincerà direttore? «Chi arriva primo in cima», ci dice sorridendo, mentre percorre un buon chilometro a piedi. Ha due crucci, e li spiega bene: «Le canalette trasversali alla strada in metallo, ce ne sono oltre duecento, che vanno sistemate per evitare problemi di forature e poi il pubblico, che nei tratti più impervi della salita dovrà essere tenuto ben distante dai corridori. E poi grazie al Giro qui arriveranno cicloturisti da tutto il mondo non dimenticatelo». Si raccomanda Vegni. Andrea Cainero, scrupoloso come il padre, e i suoi collaboratori Paolo Urbani e Bepi Bazzana annotano. C’è anche Edoardo Petiziol, il portavoce del presidente della regione Massimiliano Fedriga.

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Non è casuale la sua presenza. Dopo lo scippo dell’arrivo del Giro a Trieste a vantaggio di Roma, voluto da una parte di Rcs Sport, ma non da Vegni, serviva riparlarsi a quattr’occhi. Anche di futuro. «È la quinta volta che vengo quassù – ci spiega Vegni, che in Friuli venne a fare il volontario al terremoto del ’96 – il paesaggio è incantevole, in cima il Santuario è visitatissimo, incontro tra tre popoli. La salita è terribile, quando Enzo Cainero me l’ha proposta ho vacillato, ma ora lo posso dire: anche grazie allo splendido lavoro che è stato fatto questa salita è pronta ad entrare nella storia del ciclismo come lo Zoncolan».

Ma come va il casting dei campioni? Il campione del mondo Remco Evenepoel è quasi sicuro, idem Geraint Thomas. Alexander Vlasov, col ds friulano Enrico Gasparotto, Damiano Caruso, con l’altro ds friulano Franco pellizotti. Lo sloveno Roglic? Chiedono a Vegni. Perchè Roglic uguale marea di tifosi sloveni. Lui sorride: «Vediamo». Poi però una novità sostanziale.

Vegni scandisce bene le parole: «Non ce ne frega più nulla di inseguire i corridori affinché vengano al Giro, venga chi vuole. Chi vince la maglia rosa entra nella storia del ciclismo. Vengono prima il Giro e la sua storia dei corridori». È, da sempre, il mantra del Tour de France. Lui, sicuro. «Sì, certo, guardate questa salita, è durissima, vale lo Zoncolan, chi vincerà qui farà la storia. Ma qui si potrà anche perdere il Giro fino alla penultima tappa» dice, mentre si congratula con l’ingegner Ivano Rabassi, direttore dei lavori e BService di Tolmezzo che hanno lavorato in turni extralarge da fine giugno a pochi giorni fa per chiudere il cantiere. Poi la foto, con abbraccio, al figlio dell’amico Enzo Cainero, che in ospedale sta correndo la sua cronoscalata per arrivare in rosa sul Lussari in maggio. «Lo aspettiamo – dice tradendo una certa commozione il direttore del Giro – perché non c’è Giro senza Enzo».

Si torna alla base. Con Promoturismo Fvg e Protezione civile si sta oliando la macchina organizzativa. Saranno un migliaio il 27 maggio i volontari sul percorso, a loro sarà affidato il compito più gravoso: tenere a bada gli spettatori più focosi nei chilometri più duri della salita. Se un ciclista fosse costretto a mettere il piede a terra in quei tratti oltre il 20 per cento la sua gara sarebbe compromessa. Poi fondamentale sarà la logistica. Per salire i tifosi potranno utilizzare la telecabina, anche se al massimo potranno salire 5 mila persone, il sentiero del Pellegrino o un’altra via . Il direttore saluta e torna a Milano. Quando ripartirà per Roma il dalla Valcanale la sera del 27 maggio si porterà dietro anche il vincitore del Giro incoronato sul Lussari.

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