Galparoli racconta: "Zico mi disse: Con te in difesa Brasile Mundial"

L’ex difensore ricorda i suoi 9 anni all’Udinese. «Che onore aver giocato col Galinho e Causio»

UDINE. Il “Galpa” racconta. Il “Galpa” è Dino Galparoli, classe 1957, difensore e capitano dell’Udinese degli anni ’80. Nove anni in Friuli vissuti da leader silenzioso di una squadra che a un certo punto sognò lo scudetto con l’avvento di Zico e che poi si ritrovò a fare sali e scendi dalla serie B.

Galparoli, lei ha giocato nove anni a Udine. Sono tanti.

«Arrivai a ottobre dal Brescia che era appena retrocesso. L’Udinese si era salvata proprio a spese nostre. Avevo dei dubbi: l’anno prima rifiutai il passaggio al Genoa, a Brescia avevano costruito la squadra per risalire, ma il richiamo della massima categoria era troppo forte».

Quando ha cominciato a giocare a pallone?

«Tardi, avevo già 14 anni ed entrai nel vivaio della Reggiana, dopo un anno vissuto al Giorgione, la squadra in cui ha giocato anche Guidolin. Mi mancavano i rudimenti base, la tecnica. E infatti i miei piedi non sono mai stati molto educati. L’importante, però, è essere consapevoli dei propri limiti. Io facevo il difensore e recuperata palla la davo al compagno più vicino. All’Udinese avevo un’ampia scelta».

Ha parlato di Guidolin. Vi conoscete?

«Sì. Io abito a Vedelago, un paese a 6 chilometri da Castelfranco. Ogni tanto ci incrociamo. Grande allenatore, non so come mai non abbia mai allenato un club di prima fascia».

Lei nel 1978 passa dalla Reggiana al Brescia. In quello stesso anno Zico giocava il suo primo Mondiale in Brasile. Avrebbe mai immaginato di ritrovarselo un giorno compagno di squadra?

«Mai. Io i campioni del suo livello li ammiravo da lontano e poi me li sono ritrovati in ritiro. Penso a Zico, ma anche a Causio».

L’Udinese di allora davanti si schierava con Causio, Miano, Mauro, Zico e Virdis. Chi difendeva?

«Già. Perchè poi c’erano Edinho, Gerolin e Tesser che si sganciavano e dietro rimanevamo solo io e Cattaneo. Si diceva che l’anello debole di quella squadra era la difesa, ma non tanto per le qualità dei singoli, quanto per come eravamo strutturati».

Quella squadra era stata costruita per arrivare un giorno a lottare per lo scudetto. Cosa le mancò?

«Difficile dirlo. Un po’ di mentalità, anche qualche episodio chiave sfortunato che ti cambia la stagione».

Ma lo spogliatoio ci ha mai creduto?

«Quella squadra era in crescita, con l’arrivo di gente come Causio e Zico il gruppo si sentiva più forte, più importante, ma come ho detto prima venne meno qualcosa e già nella seconda stagione di Zico il giocattolo si ruppe. Nella sua seconda stagione l’entusiasmo c’era solo tra i tifosi, il Galinho aveva perso serenità, era in sofferenza e visse con fastidio le vicende extracalcistiche».

Ricordi personali del Galinho?

«Era un leader taciturno, un trascinatore in campo per come si muoveva. Un giorno mi disse: “Galpa, se ci fossi stato tu nella difesa del Brasile avremmo vinto il Mundial del’82 a mani basse”. Il più bel complimento che abbia mai ricevuto».

E Causio?

«Personalità molto più spiccata. Lui era il vero punto di riferimento dello spogliatoio e un professionista super. In apparenza era burbero, ma sapeva anche essere simpatico».

L’allenatore era Enzo Ferrari.

«Un grande maestro. Appena arrivato mi mise subito a mio agio, dandomi fiducia e consapevolezza nei miei mezzi. Non c’era mai tensione prima di una partita con lui».

Le tourneè in Canada e negli Stati Uniti se le ricorda?

«Certo, trovavamo i friulani ad accoglierci, ma anche gente del mio paese Natale che conosceva tutto di me. Incredibile. E poi con Zico in squadra avevamo sempre mille occhi addosso. Il tempo non ha affievolito i ricordi, e oggi riesco a dare ancora più valore a quei momenti».

Il giocatore di quel gruppo che ha tradito le attese?

«Mauro. Ha militato in club di prima fascia come Juve e Napoli, ma per i mezzi che aveva poteva rendere molto di più avvicinandosi a Causio. Così non è stato».

L’attaccante più forte che ha marcato?

«Dovrei dire Maradona, ma Diego non si riusciva a marcare davvero e quindi lo metto fuori classifica. Un grande è stato sicuramente Van Basten, poi ci metto Rumenigge, Paolo Rossi, Altobelli, Pulici e Graziani anche se gli ultimi due erano a fine carriera».

L’attaccante che più soffriva?

«Fanna. Era velocissimo, e poi svariava molto non dando mai punti di riferimento. Mi ha sempre fatto ammattire».

Quest’anno era il trentesimo anniversario di Udinese-Verona 3-5.

«Partita straordinaria. Se al Verona avessero convalidato il gol dello 0-4 che probabilmente era regolare, quella partita sarebbe passata sotto silenzio, così, invece è diventata una delle più belle di sempre. Vinse il Verona, ma poteva anche finire 5-4 per noi».

Non avete provato un pizzico di invidia per lo scudetto del Verona?

«Tra giocatori no. Piuttosto che vederlo vincere sempre alle solite, meglio il Verona. Io poi ho la moglie di Verona e mio suocero è sempre stato un tifoso gialloblù. La rivalità esisteva più tra i tifosi che tra i giocatori».

Un altro ricordo speciale?

«Udinese-Roma 1-0 con gol di Zico nel finale. Andammo in porta con tre passaggi sull’asse Edinho-Causio-Galinho. Ho alcune foto di quella gara, lo stadio era strapieno, purtroppo oggi non è così».

Il suo ricordo di Lamberto Mazza?

«Dal Cin era il riferimento per tutti, ma anche lui quando arrivava faceva sentire la sua presenza. Persona molto educata, raramente l’ho visto perdere la pazienza, mai alzare la voce».

Lei ha vissuto anche i primi anni di gestione Pozzo.

«La prima impressione era quella di un presidente tifoso che per presentarsi bene alla piazza fece acquisti diciamo così “mediatici” come Bertoni, Graziani e Collovati. Eppure io avevo la sensazione che nel tempo questa proprietà potesse fare bene. Poi sono arrivati risultati addirittura straordinari».

L’ultima grande vittoria dei Pozzo è la ristrutturazione del Friuli. L’ha visto?

«Solo in televisione. La tribuna rimane unica del suo genere, adesso è diventato una sorta di salottino nel quale si gioca a pallone. Per un giocatore avere il pubblico a due metri è una goduria, ti mette addosso una carica incredibile».

Galparoli, quando la vedremo ospite al Friuli?

«Sono due anni che manco, sarà il caso di fare una visitina».

Galparoli con il calcio ha chiuso?

«Lavoro in qualche scuola calcio vicino al paese dove vivo. Mi diverto così».

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