Fedele: «L’Inter è piccola: l’Udinese malaticcia può farle molto male»

L’ex calciatore nerazzurro e mister bianconero gioca in anticipo la sfida di Milano. «Spalletti ha sbagliato, non so quanto la squadra lo segua, si può approfittarne»
Adriano Fedele sostituì Scoglio e portò l’Udinese in A nel torneo ’91-’92. Riconfermato per la stagione successiva, fu esonerato prima dell’inizio del campionato. Oggi è opinionista a Udinews
Adriano Fedele sostituì Scoglio e portò l’Udinese in A nel torneo ’91-’92. Riconfermato per la stagione successiva, fu esonerato prima dell’inizio del campionato. Oggi è opinionista a Udinews

La diplomazia non è mai stata il suo forte, ma è proprio per questo che è un piacere parlare di calcio con Adriano Fedele. L’allenatore che portò l’Udinese alla promozione nella stagione ’91-’92, ha indossato per sei anni la maglia dell’Inter. Domani a San Siro si affrontano due delle sue quattro squadre del cuore (le altre sono il Bologna e il Verona). La classifica dice che il verdetto è già segnato, Fedele sostiene il contrario. Del resto lui è sempre stato uno controcorrente.

Mister, l’Udinese attuale è convalescente o ancora malata?

«Quando ti ritrovi a due punti dalla zona retrocessione non puoi stare bene. La condizione fisica è quello che è e l’attenzione a volte latita. Diciamo che è un’Udinese malaticcia».

Non trova che la rosa sia squilibrata? Tante mezzali, tanti attaccanti esterni, poche prime punte.

«In effetti Lasagna non è un centravanti di ruolo. Poi si può giocare anche con due seconde punte come è successo con la Roma quando Nicola ha schierato Pussetto e De Paul».

Lei ha un debole per Pussetto, vero?

«Sì, questo ha tutto il potenziale per diventare un grande giocatore. È agile, veloce, tempista nel gioco aereo. Domenica contro l’Atalanta la sua assenza si è fatta sentire».

L’Udinese è De Paul dipendente?

«Se incappa nella giornata no si spengono tante luci, non una sola. Nell’ultimo anno è cresciuto tanto e il merito credo vada dato a Velazquez».

Nicola ha fatto capire che la condizione fisica latita.

«Mi pare che questo sia un problema che la squadra si porta dietro da tre-quattro anni. Parlo da osservatore neutrale, ma nel secondo tempo c’è sempre un calo anche da parte di giocatori come Fofana che sul piano atletico dovrebbero essere degli “animali”».

Quante squadra sono davvero inferiori sulla carta all’Udinese?

«Io non la vedrei così grigia. La squadra non è male, solo che le manca qualcosa a livello fisico. In campo bisogna mangiare l’erba. E ai giocatori dico: seguite fino a un certo punto l’allenatore. In campo seguite un po’ anche il vostro istinto, non limitatevi a fare i soldatini».

In zona retrocessione c’è anche un’altra squadra a cui lei è legato, il Bologna.

«Io ho visto giocare lo scorso anno il Venezia di Inzaghi: metteva il pullman davanti alla porta. Non può andarti sempre bene. Diventa difficile giocare cominciando l’azione sempre a ottanta metri dalla porta avversaria. Io credo che sia più conveniente correre qualche rischio e giocarsela. Il discorso non vale solo per il Bologna ma anche per l’Udinese».

Tra le altre squadre invischiate là sotto chi non la convince?

«La Spal ha dei buoni attaccanti, ma nelle ultime gare ha giocato troppo al risparmio. Con il Genoa, pur essendo in superiorità numerica, non ha saputo sfruttare l’occasione».

Le gare chiave per i bianconeri saranno quelle sotto le vacanze di Natale con Frosinone, Spal e Cagliari.

«Io dico che contro questa piccola Inter bisogna provarci. Spalletti ultimamente ci ha azzeccato poco, secondo me i giocatori non ci credono più e se l’Udinese fa la partita giusta può fare male all’Inter».

Il tecnico nerazzurro non la convince. L’ha soprannominato Gassman...

«Nelle interviste post partita sembra sempre recitare. Quando è entrato in corsa ha sempre saputo mettere a posto le cose, ma alla lunga sbaglia troppo. Nelle ultime partite non ho capito questa insistenza su Perisic: se un giocatore, per quanto bravo, non gira non va mandato in campo. Mentre Politano, sempre tra i migliori, viene sempre sostituito».

Restando in tema di allenatori, come valuta il lavoro di Velazquez?

«A essere sincero credo che sia stato parecchio sfortunato. Che colpe ha se a Empoli domini la partita e gli attaccanti sprecano almeno cinque occasioni clamorose e De Paul calcia il rigore in curva? E cosa può fare se Opoku fa quell’assurdità con il Milan? Ai miei tempi quando si commettevano degli errori gravi si andava in tribuna per un mese, oggi è cambiato tutto. Arriva subito la telefonata del procuratore e l’allenatore rischia di passare per un criminale».

Lei al posto di Nicola cosa farebbe?

«Rischierei mandando in campo qualche giovane. Pontisso, per esempio. Vediamo quello che vale. Secondo me non fa peggio di quello che hanno fatto i suoi compagni con l’Atalanta. Troppi nomi già scritti sulle sedie, non è possibile».

L’Inter dei suoi tempi e quella di oggi?

«Impossibile fare paragoni. È cambiato tutto. Però posso dire di aver giocato con grandi campioni: Mazzola, Boninsegna, Facchetti, Oriali, Vieri, Bordon. A Mazzola feci segnare l’ultimo gol in carriera. Ero un ribelle, mi mettevano a fare il terzino, ma io andavo a fare l’ala sinistra. Così facendo, però, mi sono divertito. Oggi non so se i calciatori possano dire altrettanto».

I due fuoriclasse del calcio attuale sono Messi e Cristiano Ronaldo. Reggono il paragone con Maradona, Zico e Platini?

«Davanti a Maradona mi inginocchio, Zico e Platini sono stati due fuoriclasse, Messi è il calcio, gioca un quarto d’ora ma gli basta. Ronaldo, invece, non riesce a emozionarmi. Di Pelè posso dire di avere la sua maglia del Santos a casa».

Come?

«Sì dopo Santos-Bologna giocato negli Usa. Gli tirai un paio di stecche e alla fine non ebbi il coraggio di chiedergli la maglia. Lui se ne accorse e mandò il suo massaggiatore nel nostro spogliatoio chiedendo se potevo dargli la mia. Io gli avrei dato anche un camion a rimorchio delle mie. La classica dimostrazione che uno quando è campione lo è in tutti i sensi».

Lei al Padova allenò Allegri. Com’era?

«Un grande giocatore, ma faceva le ore piccole. E così io gli proponevo allenamenti individualizzati alle nove del mattino. Quando non andava lo sostituivo dopo venti minuti. Oggi è diventato il migliore e alle volte anche lui li cambia prima dell’intervallo».

Fedele, il suo momento più bello all’Udinese?

«La promozione in serie A conquistata all’ultima giornata ad Ancona. Io sono sempre stato un allenatore dall’incazzatura facile, ma la cosa più bella è ricevere una telefonata dopo vent’anni da calciatori di quella volta. Penso a Rossitto, Pierini, Manicone. In quella squadra c’erano grandi giocatori: Dell’Anno, Balbo, Sensini. Nestor era un buon mediano, ma soprattutto un grande difensore».

A distanza di tanti anni ha capito perché fu esonerato a una settimana dall’inizio del campionato? Alla prima giornata si doveva giocare proprio Udinese-Inter.

«Non ero simpatico ad alcuni senatori. Non serve fare nomi e ormai non ha più senso parlarne».

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