Ecco chi è Nicola, il nuovo allenatore dell'Udinese: "Il mio calcio è emozione"
UDINE. In una recente intervista al bimestrale “Calcio 2000” Davide Nicola ha dichiarato: «Fin da quando ho cominciato ad allenare ho sempre avuto un unico obiettivo: regalare emozioni». In queste parole c’è molto del nuovo allenatore dell’Udinese, uomo che ha saputo godersi le fortune del mestiere più bello del mondo – quello di calciatore – e che ha affrontato con coraggio il peggior dolore della vita (la perdita di un figlio).
«Il calcio è emozione – ha aggiunto Nicola – e i moduli, le tattiche, i giocatori e noi allenatori siamo semplicemente un collegamento con gli spettatori. La massima aspirazione è riuscire a far giocare così bene la mia squadra, da far venire voglia al pubblico di unirsi a noi.
Se un mio tifoso un giorno dovesse dirmi “Avrei voluto essere in campo” in quel momento mi sentirei un allenatore appagato. Non arrivato, intendiamoci, perché se mi sentissi arrivato sarebbe finita».
L’estetica, dunque, è un obiettivo, ma prima viene il risultato e Nicola a Crotone ha conquistato la più incedibile delle salvezze (a Natale sembrava retrocesso ma nel ritorno mise assieme la bellezza di 25 punti). L’ultima Udinese di Velazquez era piaciuta ma non faceva risultati, la sua dovrà principalmente essere pratica.
Il modulo? Come Velazquez anche l’allenatore piemontese non è un integralista. Dal Lumezzane al Crotone, passando per Livorno e Bari, Nicola ha saputo adattarsi alle caratteristiche dei giocatori a disposizione. A Livorno ha giocato soprattutto con la difesa a tre, a Bari aveva scelto il 4-3-3.
A Crotone, dove sostituì Juric, attirato dalle sirere del Genoa, trovò una squadra che era abituata a giocare con tre difensori, lui la “smontò” pezzo dopo pezzo e da dicembre la impostò con il 4-4-2 conquistando una salvezza che a Natale sembrava impossibile.
É stato un operaio del pallone, ha conosciuto la serie A a Siena dopo aver compiuto i trent’anni, ma la sua più grande emozione in campo è stata la promozione in A con il Torino, la squadra della sua città. Nella bollente finale di play-off con il Mantova realizzò il gol decisivo.
«Non esistono campioni che non siano funzionali al progetto – ha aggiunto nell’intervista a Calcio 2000 – se non si mettono a disposizione della squadra, se non sono votati al collettivo significa che non sono dei campioni.
Il mio ideale di calciatore è Pavel Nedved, uno che con l’impegno, la dedizione, la caparbietà e lo spirito di sacrificio, è diventato un fuoriclasse. E che è sempre stato d’esempio per i compagni al servizio della squadra. Tutti valori ideali per la mia idea di calcio».
Urge un rapido ripasso su questo argomento nello spogliatoio bianconero. Atteggiamenti come quello di Samir a Empoli che con l’azione avversaria ancora non conclusa allarga le braccia e se la prende con i compagni, sono inaccettabili.
Durante la sosta mancheranno undici nazionali, ma sarà il caso che il nuovo mister cominci subito a lavorare sulla testa dei suoi giocatori. C’è un obiettivo da centrare: la permanenza in A. E al Friuli, abituato a traguardi più ambiziosi, magari si emozionerà anche per una semplice salvezza.
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