Dal Friuli alla convocazione in Nazionale, Francesco racconta la gioia del gemello Pietro Comuzzo

Il difensore della Fiorentina, originario di Branco di Tavagnacco, vestirà per la prima volta la maglia azzurra nella sfida contro il Belgio. Suo fratello, attaccante della Pro Fagagna, svela le emozioni che stanno vivendo: «L’esordio con l’Italia? Un sogno ma lui è forte davvero»

Simone Fornasiere
Pietro Comuzzo, 19 anni; a destra un una foto da bambino con il fratello gemello Francesco
Pietro Comuzzo, 19 anni; a destra un una foto da bambino con il fratello gemello Francesco

Gemelli non solo nella vita, ma anche nella prima parte del loro percorso calcistico. Una vita, insomma, vissuta di pari passo. Francesco e Pietro Comuzzo, di Branco di Tavagnacco, sono partiti insieme dal Tricesimo, passando poi per Udinese e Pordenone fino ad arrivare a Firenze: Francesco, attaccante, ci è rimasto un solo anno prima di rientrare in regione e accasarsi alla Pro Fagagna (dove ora è un punto fermo dell’attacco rossonero), mentre Pietro ci è rimasto.

Per lui dall’esordio al “Maradona” di Napoli alla prima convocazione in nazionale il passo è stato breve: il sogno di ogni calciatore si è così realizzato.

Francesco, come hai saputo della chiamata in maglia azzurra di tuo fratello?

«Curiosamente non da lui, ma da alcuni amici che hanno iniziato a scrivermi. Inizialmente non capivo, ma ho subito approfondito la cosa e sono rimasto stupefatto. Stavo andando ad allenamento, ma a quel punto mi sono fermato e ho iniziato subito a scrivere a mio padre e alle mie sorelle. Diciamo che ho vissuto un momento di pura confusione».

E Pietro, dopo la convocazione, quando l’hai sentito?

«Subito dopo saputa la notizia, gli ho subito mandato un messaggio per complimentarmi. Ma lo scambio di messaggi non è stato molto lungo: mi ha ringraziato, ma abbiamo subito parlato d’altro. Forse l’emozione era troppa anche per lui, ma abbiamo massaggiato come facciamo nella quotidianità, quasi come se questa convocazione non fosse mai arrivata».

Tu personalmente come l’hai vissuta?

«La nazionale è il sogno che ogni bambino culla quando inizia a giocare a calcio, è la massima ambizione per uno che gioca a pallone. Sono contento che lui sia riuscito a realizzarlo, ma ero certo l’avrebbe coronato perché ha sempre continuato a lavorare con grande dedizione. Lui è stato fondamentale per me, ci aiutiamo sempre a vicenda».

È chiedere troppo quello di vederlo esordire?

«Sognare non costa. Vedremo giovedì 14 novembre come va, ma lui sicuramente saprà farsi trovare pronto. Non si sa mai, naturalmente noi tutti speriamo possa entrare in campo tra la partita in Belgio e quella di domenica a Milano. Lì ci saranno mio papà e forse mie sorelle oltre a qualche amico: io, ovviamente, gioco quindi non potrò purtroppo esserci».

A chi pensi voglia dedicare la convocazione?

«Il pensiero va senza dubbio a nostra mamma Sabrina, mancata un anno fa. Ma credo sia estesa a tutta la nostra famiglia, oltre agli amici che gli sono sempre stati vicini. Pietro è un ragazzo tranquillo e sono certo che questa convocazione non lo cambierà, saprà gestire la notorietà proprio per il suo carattere».

Il sogno è vederlo diventare un punto fermo della nazionale nei prossimi anni?

«Sarò forse di parte, ma credo abbia delle qualità che pochi difensori hanno. È attento, pronto fisicamente, bravo a impostare per cui credo abbia tutte le proprietà per diventare qualcuno di importante in futuro. Comunque sa già che appena torna a casa deve portarci la maglia azzurra: sarà un cimelio che custodiremo con grande orgoglio».

Come è stato accolto in un gruppo così importante?

«Ci ha raccontato che sono stati tutti molto simpatici e cordiali con lui e ha instaurato subito un ottimo rapporto. Anche se dalla televisione non sembra sono tutti ragazzi normali e si è integrato subito nel gruppo. Ora non ci resta che aspettare queste due sfide: l’emozione sale minuto dopo minuto, ma sono il fratello più orgoglioso al mondo».

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