D’Agostino campione anche di serietà

UDINE.
Gaetano D’Agostino è un professionista vero e un ragazzo serio, tutto d’un pezzo. Non lo scopriamo certo oggi, ma se qualcuno ha ancora qualche dubbio, basta che dia un’occhiata a come il regista bianconero ha affrontato queste prime tre settimane di preparazione, dopo il tormentone estivo che lo ha attraversato e che forse non si è ancora esaurito, per rendersene conto. Il “D’Ago” dall’arrivo a Montepulciano si è calato nuovamente con tutto se stesso nella realtà friulana, senza tirare indietro la gamba, come si dice in gergo, e dimostrando a Dortmund che il piedino caldo dello scorso anno, sui calci da fermo, è ancora lì, bello e incisivo come sempre.


Juve e Real Madrid.
D’Agostino a Torino, sponda Madama, ci sarebbe andato anche a piedi. E questo è assodato. Lui, juventino doc, era entrato nelle grazie dei dirigenti juventini che alla fine dei conti – nonostante le smentite di Secco di domenica, che sanno tanto di gioco delle parti – lo hanno sedotto, sperando di prendere per la gola Pozzo facendo perno sulla volontà del giocatore.

Ma in quella strana realtà che è il calciomercato italiano, e quello della Juventus in particolare, Secco e Blanc hanno poi deciso di spendere di più di quanto chiedeva l’Udinese per prendere un giocatore, Felipe Melo, dalle caratteristiche opposte di D’Agostino. Chiusa una porta, poi sembrava essersi aperto un portone, visto che sul regista palermitano si era buttato nientemeno che il Real Madrid del faraonico progetto di Florentino Perez.


O meglio D’Agostino lo voleva Mauricio Pellegrini, tecnico dei “nuevos galacticos”, innamoratosi di lui durante l’amichevole dello scorso anno quando l’allenatore cileno guidava il Villarreal. Niente da fare, però, nemmeno in questo caso, forse perché l’italiano non ha lo stesso appeal internazionale di Fabregas o di Xabi Alonso, o forse perché alla “Casa Blanca” lo hanno solo usato per indurre Rafa Benitez ad abbassare il prezzo del suo regista basco.


Ancora Udine.
D’Agostino, quindi, è rimasto a Udine, mercato permettendo, visto che fino al 31 agosto tutto è possibile. E dopo un più che comprensibile sbandamento iniziale, che avrebbero avuto tutti o quasi, fosse loro balenata davanti la possibilità di giocare con Kakà e Cristiano Ronaldo, il regista ha dimostrato ancora una volta la sua professionalità. Si è buttato a testa bassa agli ordini di Marino, sudando e faticando con i compagni nell’afoso ritiro di Montepulciano e facendo appieno la propria parte nei primi test stagionali.


Con la ciliegina dell’ennesima perla su calcio piazzato nel triangolare di Dortmund contro i padroni di casa del Borussia. Un giocatore ritrovato, serio, e con il cervello tarato su Udine e non su Madrid o Torino. Per la felicità di Pasquale Marino, che con il siciliano in cabina di regia non deve rinunciare al suo tanto amato 4-3-3, e in fin dei conti anche dei tifosi nostrani, che non hanno perso un campione. Ma tutto sommato, essere rimasto in bianconero – non piemontese – può essere un bene anche per il giocatore: questo dev’essere l’anno della sua definitiva consacrazione. Per la sua carriera, per la Nazionale italiana, visto che Lippi lo considera come una delle primissime alternative a Pirlo, e anche per dimostrare a Secco (e perché no anche a Valdano) che ha sbagliato a non credere in lui.


Mattia Pertoldi

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