Da 25 anni in serie A: dal tridente Poggi-Bierhoff-Amoroso a Di Natale, ecco chi ha fatto la storia dell'Udinese

UDINE. Nozze d’argento con la serie A. Le ultime stagioni saranno state sofferte, ma il dato resta forte. Per una società come l’Udinese infilare 25 anni nella massima categoria è un’impresa. Il dato assume ancor maggiore significato se si pensa che in questo arco di tempo solamente altre quattro squadre sono state costanti avversarie dei bianconeri: le due milanesi e le due romane.
Un gradino sotto c’è la Juventus, mandata in B per lo scandalo di Calciopoli, due tacche più sotto la Fiorentina, mentre a ventuno c’è il Parma. I primi dieci posti di questa particolare classifica sono completati dalla coppia Sampdoria-Parma. Giusto celebrare questo traguardo nella speranza che nell’immediato futuro l’Udinese possa tornare a essere protagonista nella colonna sinistra della classifica.
Lo fu la squadra neopromossa che nel torneo ’95-’96 rimase a lungo nelle prime nove posizioni scivolando solo nel finale al decimo, piazzamento comunque nobile per una squadra appena risalita dalla B. Il primo avversario di quell’Udinese allenata da Alberto Zaccheroni, grande intuizione dei Pozzo per la panchina, è la stessa dell’ultima di questa stagione: il Cagliari. Si giocò al Friuli è finì 1-0 per i friulani grazie al gol di Oliver Bierhoff.
Quella squadra giocava con un classico 4-4-2. Il centravanti tedesco, arrivato dall’Ascoli in mezzo a mille perplessità, risulterà l’attaccante più prolifico nel successivo triennio: alla prima stagione arriverà a quota diciasette, alla seconda si fermerà a tredici (ma restò fuori due mesi e mezzo un infortunio alla caviglia), chiuderà a ventisette nell’ultima, cifra che gli consentirà di vincere la classifica dei cannonieri davanti a Ronaldo.
Quell’Udinese fece storia per il tridente d’attacco allestito da Zac nell’ultima parte della seconda stagione: l’Udinese rimase in dieci a Torino con la Juve, il tecnico non tolse una punta e passò dal 4-4-2 al 3-4-2. I friulani vinsero 3-0 e la domenica successiva si ripeterono a Parma. Ai dieci eroi del Delle Alpi fu aggiunto Poggi al fianco di Bierhoff e Amoroso.
Giusto rendere omaggio alle stelle più luccicanti, ma guai a dimenticare che quella squadra aveva in uomini come Alessandro Calori, Valerio Bertotto e Giuliano Giannichedda le sue colonne portanti. Gente poco appariscente in campo ma che aveva ambizione e risultava determinante anche nella gestione di un gruppo.
Nel torneo ’96-’97 l’Udinese arrivò quinta centrando la sua prima qualificazione Uefa, Nelle ultime dieci giornate Calori e compagni fecero centicinque punti su trenta. Pari in casa con il Milan, ko a Marassi con la Sampdoria, per il resto solo vittorie.
Le due già citate con Juve e Parma (prima e seconda della classe), ma anche con la Roma all’ultima giornata, l’Atalanta, il Verona, il Piacenza. Se quel campionato fosse stato a venti squadre e si fossero giocate altre quattro partite probabilmente l’Udinese avrebbe superato qualche altra squadra che le stava davanti.
La stagione successiva fu caratterizzata inizialmente dalla sfortunata esperienza europea. Battuto il Widzew Lodz nel primo turno, al secondo dall’urna sbucò l’Ajax che poco più di un anno prima aveva disputato – perdendola ai rigori – la finale di Champions League a Roma contro la Juventus. 1-0 ad Amsterdam, 2-1 al Friuli con quel gol di Arveladze a dieci minuti dalla fine che gelò i 42 mila cuori bianconeri.
Da quella sconfitta – parole di Zaccheroni – la squadra uscì consapevole di potersela giocare con tutti. E infatti arrivarono dieci risultati utili consecutivi che la fecero volare al terzo posto all’inizio del girone di ritorno difeso poi fino alla fine.
Nell’estate del ’98 Zaccheroni passò al Milan dove troverà Bierhoff ed Helveg. A Udine dal Vicenza arriverà Guidolin in panchina e Sosa in attacco. La squadra arriverà sesta a una vittoria dalla qualificazione in Champions. La matricola che faceva tremare le grandi era definitivamente sbocciata. —
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