Conte “gela” i tifosi: «Inopportuno riaprire gli stadi al pubblico»

Il premier si schiera contro l’ipotesi del ritorno degli spettatori. Fedriga possibilista, ma chiede un protocollo unico nazionale
Udine 08 marzo 2020.Campionato di Calcio Serie A 2019/2020.Udinese vs Fiornetina.Nella foto .© Simone Ferraro / Petrussi
Udine 08 marzo 2020.Campionato di Calcio Serie A 2019/2020.Udinese vs Fiornetina.Nella foto .© Simone Ferraro / Petrussi

UDINE. La doccia è fredda, anzi gelata e al di là del contenzioso – l’ennesimo, potremmo dire – che rischia di aprire tra Stato e Regioni, rappresenta una delusione, cocente, per migliaia di tifosi, compresi quelli bianconeri. Il Governo, infatti, non pare avere alcuna intenzione – nonostante le rassicurazioni del recente passato del ministro dello Sport Vincenzo Spadafora – di riaprire le porte degli stadi di calcio, nemmeno parzialmente, ai tifosi in vista dell’avvio dei campionati professionistici.

Il niet, tra l’altro, non arriva da un sottosegretario qualsiasi, oppure da un ministro di secondo piano, ma direttamente da Giuseppe Conte, che del Governo è il numero uno. «È chiaro che dobbiamo convivere con la pandemia – ha detto alla festa del Fatto Quotidiano –, ma dobbiamo privilegiare le attività più importanti, quelle che sono caratterizzanti il nostro vivere quotidiano: la nostra vita sociale, la nostra vita associativa, la scuola.

Per quanto mi riguarda, la presenza allo stadio, così come manifestazione in cui l’assembramento è inevitabile, perché si sta vicini, come pure in fase di ingresso e di uscita, non è assolutamente opportuna».

Parole chiare e che – non a caso – fanno seguito a quelle pronunciate poche ore prima dal numero uno dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, attraverso le quali si era già intuito l’orientamento di Governo e Comitato tecnico-scientifico (Cts).

«I raduni di massa sono considerati al mondo come il massimo livello di rischio che non è legato soltanto all’evento – ha detto –. Ci sono una serie di problemi nel gestire l’ingresso e l’uscita delle persone. Il Cts ritiene che allo stato attuale non ci siano le premesse per eventi con spettatori e la preoccupazione è anche quella di non sovraccaricare il sistema di altri fattori di rischio».

Posizioni di chiusura che, per molti versi, si muovono in maniera diametralmente opposta a quanto hanno tentato di mettere in campo le Regioni. Il Piemonte, ad esempio, insiste da giorni – anche su pressione della società bianconera – per la riapertura dello stadio della Juventus, Stefano Bonaccini in Emilia-Romagna ha autorizzato un massimo di mille spettatori per eventi che si sviluppano in una sola giornata – ad esempio le amichevoli –, ma non per i campionati e poi c’è il Friuli Venezia Giulia.

Sì perché se Massimiliano Fedriga è stato tra i primi a garantire, ancora dall’1 agosto, il ritorno del pubblico per manifestazioni, gare ed eventi organizzati dalle società dilettantistiche – quindi anche dall’Apu nel basket, per capirci – con l’unico obbligo del mantenimento della distanza di sicurezza di un metro tra uno spettatore e l’altro, il presidente è pure favorevole alla riapertura degli stadi, come già comunicato a Udinese e Pordenone, per i professionisti.

A una condizione, tuttavia, e cioè che venga stilato «un protocollo nazionale, da parte della Federcalcio, valido in tutta Italia e che contenga regole chiare, precise e univoche». Logico, d’altronde, perché pensare – ad esempio – di giocare con 40 mila spettatori a Torino e a porte chiuse a Napoli rischierebbe di compromettere la regolarità dei campionati e di prestare il fianco a possibili cause legali – anche nei confronti delle Regioni – milionarie da parte dei presidenti di società.

Un problema, in ogni caso, che non si proporrà se, come sembra, l’impostazione sarà quella di Conte e di Brusaferro con un’annata da porte chiuse – perché poi vai tu a modificare la situazione in corso d’opera con il rischio-cause che diventerebbe ancora più grave – che si fa sempre più reale. —


 

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