Careri, un sofferto addio: il portiere-eroe va a Rovigo

PORDENONE. La notizia che nessun tifoso neroverde avrebbe voluto leggere è arrivata. Era nell’aria, ora è ufficiale: Gianni Careri non è più un giocatore del Pordenone. Ebbene sì, il portiere 33enne, eroe dello scontro-salvezza con l’Albinoleffe (chiuso da infortunato) ha risolto il contratto che lo legava al club sino a fine stagione. Ha fatto una scelta personale: ha deciso di avvicinarsi a casa, a Bologna, alla sua compagna Caterina e al figlio Tommaso, che non ha neppure un anno. Sarebbe rimasto, ma ormai era fuori dai giochi da tempo.
Careri passa al Delta Rovigo, in serie D, sino a fine stagione. Per il presidente Lovisa, suo grande estimatore, questo è «un arrivederci, Gianni tornerà a giugno». Il portiere, emozionatissimo, tra un saluto e l’altro ha ringraziato tutti.
L’addio. E così, dopo più di due anni, Careri lascia il club e una città che l’ha eletto a simbolo. Un addio che ha cominciato a consumarsi a inizio gennaio, quando è stato ormai chiaro lui non c’era spazio. Ha manifestato il suo disagio, sempre senza fare polemica, e nel giro di poco tempo ha trovato sistemazione. Rovigo è il top per riprendere a giocare e tornare a casa ogni sera dalla sua famiglia.
La “separazione” ha avuto l’apice tra la serata di martedì e ieri. Prima, i compagni di squadra gli hanno fatto una festa a sorpresa, regalandogli una maglia neroverde col numero 1: è amato in spogliatoio, Gianni. Poi è proseguita ieri mattina, con il saluto a presidente e dirigenza e la presenza al funerale di Willy, il cuoco neroverde scomparso pochi giorni fa, di cui riferiamo nella pagina di Fiume Veneto.
La sua storia. Lovisa l’ha definito «uno dei giocatori più importanti della storia del Pordenone». Ha ragione. Careri arrivò in neroverde nel giugno del 2013, reduce da un’esperienza scintillante al Montebelluna. Lui il portiere scelto per salire in Lega Pro.
Decisione azzeccata: Gianni rimase inviolato per 10 gare, giocò poi sino a inizio del girone di ritorno, quando lasciò il posto al giovane Capra (e lo seguì come un padre nel suo percorso). Vinse campionato, scudetto e l’anno scorso, dopo un inizio difficile, tornò titolare con Rossitto contro l’Alto Adige e vestì la numero uno sino allo scontro con l’Albinoleffe, quando s’infortunò, ma rimase stoicamente in campo – aggravando il danno al ginocchio – perché i cambi erano esauriti.
Per riconoscenza, la società gli rinnovò il contratto, ma preferì comunque ingaggiare altri due portieri, proprio visti i lunghi tempi di guarigione. Ma Careri non giocò più, e non andò mai neppure in panchina.
Il significato. Avrebbe potuto puntare i piedi, fare polemica. Invece – persona di grande statura morale – ha sempre preferito rimanere al suo posto per il bene della società. Mancherà a quest’ambiente, perché lui era più di un portiere: un punto di riferimento per i giovani e per i compagni di squadra, che vedevano in lui il compagno capace di sdrammatizzare tutto.
Non solo: per i bambini del De Marchi, che lo adorano, e pure per quelli dell’Area giovani del Cro, con cui teneva i rapporti. Più delle sue parole, di ringraziamento, vanno ricordati i suoi gesti. Il Pordenone, per ora, perde una risorsa. La speranza è di ritrovarla a giugno.
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