Caja: voglio una squadrada corsa e di carattere

di Valerio Morelli

UDINE.
Uscita solida dal mercato, la Snaidero 2008 - 2009 dovrà diventare concreta in campo. Giocando di corsa: attacco in movimento e difesa individuale. Mettendo sul parquet tutto il suo carattere, questo subito: fin dalla prima amichevole. L’obiettivo è riconquistare il Carnera andando sempre al massimo e guardare alla classifica in relazione agli avversari. Questo il credo di coach Attilio Caja, che torna in serie A da inizio stagione dopo 6 anni, con preparatore atletico a mezzo servizio e l’asse play (Jackson) - pivot (capitan Di Giuliomaria) al debutto in quintetto base in ruoli topici.


Coach Caja, è solida la Snaidero fatta dal gm Ghiacci?

«Ottimo il suo lavoro contrattuale sul mercato e il presidente ha messo risorse, in una fase un po’ difficile, per prendere un giocatore di fascia superiore quando s’è infortunato Parker. È un extra - budget, va ringraziato. La squadra mi soddisfa per dieci decimi».


Ritorni in plancia fin dall’inizio in serie A dopo 6 anni: sensazioni?

«Significa, prima di tutto, che si è presentata un’opportunità positiva, mentre in passato avevo aspettato altre situazioni. Nel nostro ambiente il progetto Snaidero dà fiducia. Per gli adetti ai lavori Udine è un’isola felice, fatta di gente seria e per bene. È una piazza storica del basket, ha tradizione e cultura cestistica. Vi si lavora bene. Per me è una scelta positiva e l’ho fatta di buon grado. Due anni fa, invece, ho sbagliato a scegliere Novara (dall’inizio in Legadue,
ndr
): due giorni dopo mi voleva la Fortitudo Bologna (dov’era arrivato Martinelli già patron di Caja a Roseto,
ndr
), ma non c’è stato accordo sul by - out».


Sei coach da grandi piazze: Roma, Milano passando per Pesaro e di sfuggita Napoli.

«Sì, ma so rendermi conto delle situazioni. L’annata migliore è stata la salvezza a Roseto con un solo americano, Martinez, in quintetto assieme a Busca, Cavaliero, Malaventura e Casoli; Flores era andato via e Capell infortunato a una mano. So adattarmi a tante cose».


Anche a fare la preparazione atletica nell’ambito di quella tecnica?

«Durante la stagione il lavoro del preparatore integra quello del capoallanetore, io ho chiaro quel che faccio e dico che lavoro fare al preparatore. Il basket, a differenza del calcio, è sport allenante sul piano della corsa. Il preparatore è fondamentale nella pesistica, nel potenziamento muscolare e nel miglioramento delle qualità fisiche individuali. Treppo (Michele, il chinesiologo riabilitatore di ritorno alla Snaidero,
ndr
) ha le caratteristiche per fare questo lavoro».


Custodite segreti di Sepulcri?

«Non ho mai lavorato con lui, non ne conosco la metodologia nella preparazione».


Che tipo di Snaidero sarà la 2008 - 2009?

«Avrà un gioco molto concreto, solido, consistente. Dovrà ridurre al minimo gli errori, regalare il meno possibile agli avversari: in difesa canestri e in attacco palle. All’inizio le idee sono queste, da concretizzare in campo attraverso l’allenamento quotidiano. Da intensità fisica e mentale mi aspetto la vera differenza. In gara si può giocare in tanti modi, abbiamo tanti tipi di giocatori».


Fin dal debutto con Avellino, contro Dickau e Williams, sarà alla prova il vostro chiacchierato asse play - pivot.

«Bisogna capire subito l’obiettivo dell’annata, come parte e come deve proseguire. L’obiettivo è la posizione più alta possibile in classifica in relazione alla forza degli avversari. Allora avremo fatto un buon lavoro. Dobbiamo prepararci per essere pronti, fin dalla prima gara, a uscire a testa alta dal Carnera per rispetto dei tifosi e della società che ci mette nelle condizioni migliori per lavorare. Dovremo avere un’identità, un sistema di gioco di cui avvalerci per farci rispettare, un modo di giocare e di stare in campo: questo è l’obiettivo. Piazzamento e risultati non si possono sapere, non sono ipotizzabili. Capo d’Orlando, Avellino e Montegranaro l’anno scorso hanno fatto meglio di altre squadre ritenute più forti; se stavolta faranno una stagione inferiore, non sarà un disonore se avranno dato il massimo. Chi ha il budget numero uno si aspetta risultati da uno, le altre fanno il massimo relativo: il massimo assoluto è di due o tre società che hanno budget».


Snaidero difensiva? Il trio di esterni da 1,95, intercambiabili in marcatura, fa pensare a difese tattiche o miste.

«Avrà il giusto equilibrio tra difesa e attacco, anche per non farsi trovare sbilanciata. Dovrà avere consistenza, mi piacciono giocatori solidi ed energici. Non lunghi d’area statici, dinosauri alla Williams, ma che sappiano giocare fronte e spalle a canestro, correre. La base sarà una buona difesa di responsabilità individuale, con il massimo del coinvolgimento. Poi, ci saranno discorsi tattici di volta in volta. Non mi piace l’idea di continui cambi di mracatura che deresponsabilizzano i giocatori, ci vogliono compiti precisi».


Snaidero da corsa?

«Sì, mi piace il gioco in movimento, il contropiede, il gioco in velocità pure a metà campo. Tonolli, che avevo a Roma, è da dieci anni uno dei migliori lunghi della A. In difesa i lunghi devono stare davanti ai loro avversari più grandi, portare aiuti sui giochi a due, aiutare tutto il sistema difensivo e offensivo. Di Giuliomaria è più centro degli altri; Romero, Ortner, Gomez sono 4-5. Torres, all’occorrenza, può dare una mano sotto canestro. Jackson e D’Ercole possono giocare assieme».


Quintetto base già deciso?

«Gli americani hanno un ruolo importante, principale: sono quattro quinti del quintetto. Il quinto quinto, in teoria, dovrebbe essere Di Giuliomaria, ma sarà via sino al 17 settembre. Perderà un mese di precampionato, bisogna vedere come si reinserirà, come recupererà sul lavoro degli altri. All’inizio penso a lui, è un giocatore importante, ma abbiamo grandi cambi quali alternative. Ho fiducia in tutta la panchina, non sono numeri: li abbiamo scelti prima di tutto come persone».


Pensierino finale alla Caja?

«Ci teniamo tanto a fare bene. Bisogna creare un feeling con il Carnera, un’atmosfera affinché la gente ci segua, per avere soddisfazioni. Si deve dare tutto, perché la gente risponda. Lo so e fin dal primo giorno cercherò di trasmettere l’idea ai ragazzi. Nelle prime amichevoli sotto l’aspetto tecnico è indispensabile una fase d’adattamento; sul piano del carattere, della determinazione e dell’agonismo, invece, no e non si transige».
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