Buon compleanno, Patrese! Il simbolo della Formula Uno compie 70 anni

Il grande pilota degli anni ‘80 si racconta: «Io alla Ferrari? Sì, stavo per sostituire Villeneuve nel 1979»

Stefano Edel
Da Padova ai vertici del Circus, Patrese ha corso 256 Gp, sei le vittorie. Vice campione del mondo nel 1992
Da Padova ai vertici del Circus, Patrese ha corso 256 Gp, sei le vittorie. Vice campione del mondo nel 1992

Riccardo Patrese nasce il 17 aprile 1954 a Padova. Papà Mario è un commerciante, mamma Elena docente di lettere. Ha un fratello, Alberto, che diventerà ingegnere meccanico all’Alfa Romeo. A Riccardo piace praticare sci e soprattutto nuoto. Si avvicina però al mondo delle corse e il kart diventa ad 11 anni il suo primo terreno di battaglia: conquista il titolo iridato nel 1974. Da lì inizia il suo percorso straordinario nelle varie Formule automobilistiche, dalla F3 (di cui diventa campione italiano ed europeo) alla F2, sino alla F1.

Dal 1977 al 1993 corre su tutti i circuiti iridati del “circus”, al volante di Shadow, Arrows, Brabham, Alfa Romeo, di nuovo Brabham, Williams e Benetton. Il suo palmares è impressionante: 256 Gp disputati, record durato 15 anni, vincendone 6. Diciassette stagioni da protagonista, e nel 1992 è vice-campione del mondo. Ma non c'è solo la F1 nella sua carriera: è stato un valido pilota nel Campionato del mondo sport prototipi alla guida delle Lancia, vincendo 8 prove e arrivando a sfiorare la conquista del mondiale nel 1982. Per sei volte, nel 1980 e dal 1989 al 1993, è stato campione italiano assoluto di velocità.

Riccardo Patrese, domani lei compie 70 anni. Un bel traguardo, che suscita quali emozioni?

«Mi sorprende un po’ perché sinceramente non mi sento settantenne: lo spirito, anche grazie ai figli molto giovani e attivi nello sport, rimane quello di sempre. Sono contento però per il fatto che quest’età rappresenta sempre un bel traguardo e quindi c'è da festeggiare soprattutto per averlo raggiunto e poi in generale lo taglio con buon spirito, visto che mi sento un privilegiato per quanto fatto, nel senso di aver avuto la fortuna di vivere un’avventura speciale in un'attività che mi piaceva fare e che mi ha dato tante soddisfazioni».

Tagliamo subito la testa al toro: c’è mai stato un momento nella sua carriera in cui avrebbe potuto guidare una Ferrari di F1 e, se c’è stato, perché non si è concretizzato nel migliore dei modi?

«Certo che c'è stato (e sorride, ndr). Era il 1978 e l’ingegner Enzo mi convocò nel suo studio a Modena: lì ci siamo conosciuti e mi chiese di firmare una lettera d’intenti a suo favore perché mi voleva bloccare per la stagione successiva, quella del 1979, qualora si fosse deciso di sostituire Villeneuve, in quanto in quel momento il canadese combinava un po’ di casini, era sotto la luce dei riflettori per gli incidenti in cui era coinvolto, e per questo molto criticato. Ferrari pensava di doverlo sostituire e di conseguenza aveva pensato al sottoscritto. Ma l’ipotesi non si avverò perché proprio nell’ultimo Gp di quel Mondiale, a Montreal, Gilles salvò la stagione trionfando nella corsa di casa. Con quella vittoria finale il Drake si sentì forte per dire: lo riconfermo. Era un suo pupillo, del resto».

Riccardo Patrese, 70 anni, con Lorenzo, uno dei suoi 5 figli che corre nella Gran Turismo
Riccardo Patrese, 70 anni, con Lorenzo, uno dei suoi 5 figli che corre nella Gran Turismo

I rapporti con Ferrari si guastarono da allora in poi?

«No, affatto. Lui mantenne un ottimo legame con me negli anni successivi, mi chiamava spesso a casa, a Padova, e mia mamma ogni volta si agitava («C’è l'ingegnere, c'è l’ingegnere...»). Parlavamo un po’, mi chiedeva come andavano le cose e tutto questo andò avanti sino all'arrivo a Maranello di Pironi: qualcuno dei suoi collaboratori spinse per il francese, che poi approdò sulla Rossa. A quel punto, se c’era un sogno di andare in Ferrari, lo vidi sfumare definitivamente e andai dritto per la mia strada, firmando l’anno dopo per la Brabham di Bernie Ecclestone».

Dai kart, dove faceva sfracelli, un percorso bellissimo sino alla Formula 1, dove ha gareggiato per 17 anni, dal 1977 al 1993, con 256 Gp all’attivo, record di imbattibilità durato 15 anni, di cui 6 vinti. È stato vice-campione del mondo nel 1992. Quanto orgoglioso è di numeri così importanti?

«Molto. E non parlo solo della carriera in Fomula 1, ma anche di quella con la Lancia, grande squadra che ha combattuto su tutte le piste del Mondiale marche contro la Porsche, conquistando un titolo iridato, e ancora prima quando vinsi il Mondiale kart nel 1974. Kart che è rimasto nel cuore di tanti campioni, primo fra tutti Senna, sport dov’era la vera competizione, con tutto più puro e istintivo. Partendo dalle origini, insomma, ho scritto pagine bellissime, incontrando il rispetto di tutta la gente con cui ho lavorato. Ancora oggi c’è molto affetto per un ex pilota, che comunque ha lasciato qualcosa nei propri tifosi».

Qual è stato il momento, o l’immagine, più bella che si porta dietro di quegli anni?

«Ce ne sono tantissimi. Mi è rimasto più di tutti nel cuore il giorno in cui ritornai finalmente alla vittoria sulla pista di Imola nel 1990, sette anni dopo aver collezionato il precedente successo in Sudafrica. Proprio nel 1983 ero rimasto coinvolto nell’incidente in quell’autodromo alla curva delle Acque minerali, schernito dal pubblico, e vincere nel Gp di casa, a due passi da Padova, con i tifosi che mi fecero una grande festa, rappresentò qualcosa di speciale»

Patrese con Ayrton Senna
Patrese con Ayrton Senna

Il ricordo più brutto?

«Il giorno della morte di Elio De Angelis, era mio compagno di squadra nel 1986 alla Brabham. Quel test sul circuito Paul Ricard di Le Castellet doveva essere mio, invece lui mi chiese di cedergli la macchina perché gli interessava fare più chilometri. Poi, rimasi sconvolto per la scomparsa di Ayrton (Senna, ndr) nel 1994, un’altra bella botta che mi ha fatto rinunciare definitivamente alla F1».

Cosa le ha lasciato il mondo delle corse e quella Formula 1 appunto, molto diversa dall’attuale?

«Sono quasi due sport diversi. Mi piace guardare la F1 di oggi, sono più coinvolto adesso rispetto a qualche anno fa perché mio figlio Lorenzo si è integrato in questo mondo, ma è cambiata tanto».

Prima di parlare del figlio, ci dice chi è stato, o chi sono stati, i più grandi piloti del circus con cui ha duellato?

«Nessun dubbio: Senna e Schumacher. Oggi davanti a tutti c’è Max Verstappen, che ha dalla sua parte anche la macchina migliore, ma prima di lui lo è stato Lewis Hamilton».

Veniamo a Lorenzo. Buon sangue non mente, oggi lei ne è il suo maggiore tifoso. E ha solo 18 anni.

«Quando mi ha chiesto di correre non ne volevo sapere. Gli ho detto: “Lasciamo perdere che è meglio”. Invece lui ha insistito, devo dire che mi ha anche convinto di essere un buon pilota. Ha preso una strada diversa, corre nella Gran turismo. Il suo obiettivo è di montare su un prototipo e vincere a Le Mans. Non credo riuscirà a prendere il treno delle Formule, l’ha fatto in F4 nel 2021 e andava anche bene. Ma non è così facile adesso pensare di salire e arrivare alla Formula 1. Oggi devi avere dei budget incredibilmente potenti e non è detto che anche vincendo tu passi di categoria. Nelle ruote coperte ci sono la Ferrari, la Mercedes, la Porsche, la Bmw, tutte le grandi case, e se diventi un factory driver puoi magari condurre un giorno un prototipo e puntare al primo gradino del podio di Le Mans, obiettivo molto prestigioso».

Ci descriva Lorenzo come pilota. Che cosa ha di simile a lei?

«Ha un po’ le caratteristiche che avevo io. Non so se sia una questione genetica, ma è molto rapido nell’apprendere i circuiti, molto veloce subito, quando c’è una situazione nuova, assai impulsivo, nel senso che le prime volte poteva metterci dentro degli errori perché ci provava sempre, come faceva il sottoscritto. Ora evitare sbagli che sono stati compiuti in famiglia in passato rappresenta per lui un vantaggio perché c'è un papà che può dirgli: “Guarda qua, stai eccedendo in aggressività”, oppure “Cerca di controllare meglio le cose”. Soprattutto dal punto di vista mediatico, dove io non ero proprio un... osso facile, lo aiuto ad essere comunicativo e uomo-squadra, per creare l'ambiente giusto e lavorare al meglio».

C’è un possibile erede di Riccardo Patrese all’orizzonte, figlio a parte?

«L’immediato potrebbe essere Andrea Kimi Antonelli, che è nel treno della Mercedes. EÈ dal kart che hanno investito su di lui e probabilmente lo porteranno in F1».

Padre di due figli, Lorenzo ed Elena con la seconda moglie Francesca Accordi, e prima di Simone e delle gemelle Maddalena e Beatrice con Susanna Martinis, e nonno di 4 nipoti. Che cosa chiedere di più alla vita?

«Niente, ho avuto tutto. I miei 5 figli li ho indirizzati nello sport, perché lo ritengo una grande palestra di vita, e ne sono fiero. L’esistenza quotidiana è sempre competitiva e ho insegnato loro che senza sacrifici non si va lontano».

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