Bucci, da coach a presidente: «Joe Allen? Un fenomeno»

Intervista al leggendario coach vincitore di tre scudetti ora numero uno della rinata Virtus Bologna «Udine è una buonissima squadra, dobbiamo rispettarla: l’ex Allan Ray? Farà una grande gara»

UDINE. La storia della pallacanestro italiana bussa alla porta dell’Apu Gsa. Domenica a Cividale arriva infatti la Segafredo Virtus Bologna, una delle tante compagini da serie A che quest’anno militano nel secondo campionato nazionale.

Le “Vu nere”, retrocesse in A2 per la prima volta sul campo la scorsa stagione, mantengono però il loro fascino a cominciare dal loro presidente, insediatosi lo scorso marzo.

È il grandissimo Alberto Bucci, con il quale abbiamo imbastito un’intensa chiaccherata, a partire dai suoi preziosi ricordi riguardanti la pallacanestro udinese.

«Udine? Ha una storia molto bella che ricordo con piacere. Mi vengono in mente Melilla, Cescutti, Malagoli e poi Joe Allen. Nonostante avesse un ginocchio spappolato sapeva incantare. Aveva le mani come un pianista».

Udinese però è anche Giampiero Savio, più volte suo giocatore. Che ricordo ha di lui?

«Una persona splendida. L’ho voluto con me a Verona, Fabriano e poi proprio alla Virtus. Aveva un grande tiro da tre, ma soprattutto è stato uno dei più grandi difensori italiani. Gli voglio un sacco di bene».

Con quale spirito Bologna arriverà domenica a Cividale?

«Affronteremo la partita con la massima serietà, rispettando Udine e la sua buonissima squadra. Al di là del risultato, l’importante sarà uscire dal campo sapendo di aver dato il massimo».

Sul campo ci sarà anche l’ex d’eccezione, Allan Ray. Che partita si aspetta da lui?

«Semplicemente una gran partita».

La Virtus Bologna in serie A2. Come state affrontando questa esperienza?

«Come un’occasione per rimettere a posto delle cose, facendo esordire dei ragazzi molto giovani di 16, 17 e 18 anni in una squadra competitiva».

Obiettivo promozione immediata?

«No. Dovremo fare piccoli passi in avanti. Fino alla fine dell’andata non potremo sapere nulla. Sarà un campionato difficilissimo».

È arrivato alla presidenza a metà della scorsa stagione. Che situazione aveva trovato? «La squadra era in difficoltà e nei finali crollava, perché poco unita. Poi siamo retrocessi con 22 punti in classifica, cosa che per una squadra di A1 non capita molto spesso».

Come interpreta il fatto che mezza storia del basket sia ora nel secondo campionato italiano?

«Capita. È successo a tante squadre, che poi sono risalite. L’importante è essere forti e ripartire. Cercare un’interpretazione alla cosa, però, rischia di diventare una caccia a un colpevole. È meglio guardare avanti».

C’è quindi stato un cambio di protagonisti sul campo?

«Sì, però tenga conto che una volta si giocavano lo scudetto Treviso, Milano, Cantù, Roma, Bologna e Pesaro. Negli ultimi anni se la sono giocata solo Milano e Siena. Non mi pare un aspetto positivo».

Soluzioni?

«Bisognerebbe costruire una squadra competitiva, ma servono tanti soldi. Le lascio però un ricordo: nel 1983 l’avvocato Porelli mi disse che dovevo vincere una volta ogni quattro anni. Così avrebbero vinto anche le altre squadre e la pallacanestro italiana ne avrebbe beneficiato».

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