Berrettoni “benedice” l’amico Mirko Stefani: «È l’uomo giusto per il Pordenone e la B»
Parla l’ex compagno di squadra, nonché già ds dei neroverdi: «Persegua l’obiettivo con consapevolezza e leggerezza»

Molti hanno accolto positivamente la promozione alla guida della prima squadra di Mirko Stefani, ex allenatore dell’under 17 del Pordenone ed ex capitano neroverde.
Sono convinti che possa fare bene e riportare la squadra in Serie B. Nessuno, però, più di Emanuele Berrettoni, può esprimere un giudizio specifico su quanto deciso da Mauro Lovisa. “Berre”, infatti, è stato compagno di squadra di Stefani per quattro stagioni (dal 2015 al 2019) e come il nuovo mister dei ramarri era stato avanzato di grado, nel suo caso passando da calciatore a direttore sportivo.
«La dote migliore di Mirko è che dice la parola giusta al momento giusto: va ascoltato», afferma il 41enne romano, attualmente ai box.
Berrettoni, ha lasciato Pordenone soltanto l’estate scorsa. Anche alla luce di questo, oltre che del suo passato in neroverde, come valuta la scelta del presidente?
«Mirko può essere un buon allenatore. Qui parte avvantaggiato: sa benissimo dove si trova e con chi deve lavorare. L’obiettivo finale, inoltre, è ben definito. Adesso devono essere bravi i giocatori, soprattutto quelli che conosce, a vederlo in un altro modo. E lui deve fare lo stesso coi ragazzi».
Lo ritiene pronto per questa “missione”?
«Innanzitutto penso che i mesi trascorsi alla guida dell’U17 gli siano serviti. Ha ottenuto risultati importanti, significa che riesce a trasmettere le sue conoscenze. Trasferire il proprio sapere è fondamentale.
L’esperienza certamente conta, ma al riguardo mi torna in mente un’intervista che rilasciò Dejan Stankovic quando allenava la Stella Rossa. Gli chiedevano del fatto che fosse un allenatore giovane, lui rispose che era da trent’anni nel calcio e che, prima di intraprendere la strada di tecnico, non giocava a golf. Mirko, come Stankovic, ha solo cambiato ruolo. Conosce le dinamiche».
Stefani trasmette tranquillità. È questa la sua principale dote?
«Lui a Pordenone è sempre stato un riferimento. Ora lo è ancora di più. Sa quali sono le parole da usare in un determinato momento. È una persona a cui tutti vogliono bene, ma che è meglio non far arrabbiare. Mi è capitato di vederlo andare su tutte le furie, non lo consiglio a nessuno!».
Vito Grieco, protagonista di sette promozioni da giocatore tra C2, C1 e B a cavallo tra gli anni ’90 e la prima decade del 2000, ha scritto a Stefani, con cui ha giocato a Reggio Emilia: «Allena come se allenassi gli allievi».
«Vito è un grande, è uno che ha capito tutto nel calcio (è anche lui tecnico, ora guida la Primavera della Spal, ndr). È stato anche mio compagno di squadra a Catania. Ha pienamente ragione.
Mirko deve vivere questa esperienza consapevole di avere una grande opportunità, ma anche con leggerezza e spensieratezza, un po’ da sbruffone pure. Dalla sua ha la fortuna di avere una squadra forte e di conoscere i giocatori anche sotto il punto di vista caratteriale».
Vista la sua esperienza, è difficile passare dall’altra parte della barricata?
«Sì. All’inizio per me è stato complicato, perché sino a poco tempo prima alcuni giocatori erano miei compagni di squadra. Rispetto a Mirko ha avuto un percorso leggermente diverso, nel senso che da calciatore sono diventato dirigente. Lui è rimasto ancor più a contatto con lo spogliatoio rispetto a me».
Se in futuro la chiamasse nel suo staff, tornerebbe?
«Non credo. Mi sono stabilizzato a casa, a Mantova, sto bene. Poi chissà, non si sa mai...».
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