Amoroso: "Vent’anni fa potevo essere azzurro, poi è arrivata la chiamata della mia Seleçao"

L’ex campione, che da tre mesi vive in Spagna a Granada, parla di tutto: dell’Udinese di ieri e di quella di oggi, del Friuli e dei suoi figli

UDINE. Incontrare Marcio Amoroso è come mettersi davanti a un jukebox: inserisci il gettone e scegli la canzone preferita. Con Marcio, introduci un argomento e lui parte a manetta come faceva in campo quando con i suoi scatti lasciava indietro i difensori. Uno spettacolo.

Amoroso, partiamo dalla cronaca. Il Milan ha acquistato Paquetà. Che tipo di giocatore è?

«Non il classico fantasista alla Ronaldinho che inventa l’assist dal nulla, ma un giocatore di corsa che si mette a disposizione della squadra, un Kakà per intenderci».

Allan, dopo che dal Brasile non è arrivato alcun segnale, potrebbe ricevere la chiamata della nazionale italiana. Che ne pensa?

«Io al suo posto accetterei subito. Prima che mi chiamasse la Seleçao nel ’99, io avrei potuto essere convocato anche dall’Italia avendo il doppio passaporto. Sono passati vent’anni ma l’avrei fatto perchè un po’ di sangue italiano nelle vene ce l’ho (i suoi antenati erano di Paola, provincia di Cosenza ndr.). Oggi ci sono i miei figli che hanno doppia cittadinanza: se gli venisse offerta l’occasione che non hanno avuto in Brasile sarei ben felice indossassero la maglia azzurra».

In Brasile non gli è stata forse concessa?

«Non voglio scendere nei particolari, ma sembra che al figlio di un ex calciatore non debba essere data l’opportunità di fare carriera. Forse perchè il papà ha già fatto i soldi, o non so per quale motivo, però è così. E infatti dal Brasile me ne sono andato. Ora vivo in Spagna dove Mateo, il mio secondogenito, milita nelle giovanili del Granada. Giovanni, invece, gioca e studia negli Stati Uniti».

E lei cosa fa?

«Collaboro con l’FC Cubillas, squadra di quarta serie che investe soprattutto nel giovani. Formiamo i ragazzi che a 18 anni non fanno il salto in prima squadra e li formiamo fino ai 21».

Mai ricevuto una chiamata da Gino Pozzo?

«No, ma non è mai tardi. Nessuna delusione, però mi piacerebbe sentirmi fare questa domanda: Marcio, in quale ruolo puoi essere utile all’Udinese?».

A Udine oggi c’è uno stadio invidiato da tutti, ma non la squadra di livello medio-alto.

«Sono cambiati i tempi. Oggi la forbice tra le grandi e le medie è più ampia a livello economico. Un giovane se può va direttamente in una big, non passa per Udine».

Il suo connazionale Vizeu è in difficoltà...

«L’ho sentito al telefono. Gli ho detto di stare tranquillo, lavorare, avere pazienza e stare in mezzo alla gente. Il friulano se ti abbraccia una volta lo fa per tutta la vita».

Cosa intende per stare in mezzo alla gente?

«Oggi finito l’allenamento i calciatori se ne vanno tutti a casa e stanno per i cavoli propri, sono blindati. E questo è un errore o della società, o dei calciatori stessi e dei loro procuratori. Io no, il martedì andavo a mangiare il cinghiale e bevevo un bicchiere di vino».

Cosa prova ogni volta che viene a Udine?

«È una sensazione inspiegabile. Io sono metà brasiliano e metà friulano».

L’ha sorpresa il trasferimento di Ronaldo alla Juve?

«Molto. Non capisco come mai abbia accettato di venire a giocare in Italia nel campionato più difficile. In otto gare ha segnato quattro gol, in Spagna ne avrebbe già fatti più di dieci. Con lui la Juve vincerà altri cinque scudetti di fila, ma adesso ha anche l’obbligo di puntare alla Champions».

Più forte il Ronaldo portoghese o il Ronaldo brasiliano?

«Il Fenomeno aveva qualcosa in più. Lui vinceva davvero le partite da solo».

Alisson vale 70 milioni?

«I prezzi li fa il mercato. Io dico che Dida, Taffarel e Marcos erano più forti di lui».

A proposito di portieri, al Parma di Buffon lei fece il gol più bello in bianconero. La sorprende vederlo ancora in campo a Parigi?

«Mica tanto. La carriera dei numeri uno è più lunga e Gigi si è sempre allenato molto e bene».


 

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