Alexandra, la Romania e la sua Italia: «Io vera azzurra tifo per lo ius soli»
Alexandra Ana Maria Agiurgiuculese è nata a Iasi in Romania il 15 gennaio 2001, ma difende i colori dell’Italia della ginnastica ritmica a tutti gli effetti da cittadina italiana. La sua storia,...

Alexandra Ana Maria Agiurgiuculese è nata a Iasi in Romania il 15 gennaio 2001, ma difende i colori dell’Italia della ginnastica ritmica a tutti gli effetti da cittadina italiana. La sua storia, infatti, l’ha portata a lasciare il Paese d’origine e a diventare una delle promesse mondiali nella sua disciplina con l'Asu. «Ho iniziato con la ginnastica a 6 anni e sono arrivata subito a vestire la maglia della nazionale rumena. Mi hanno fatto capire che avevo qualcosa più delle altre. Nel frattempo mio padre, Richard Toni, è venuto a lavorare in Italia perché in Romania non riusciva a mantenere tutta la famiglia. Ho anche altri due fratelli, Madalina di 13 anni e Sebastian di 15, oltre a mia mamma Cristina. Purtroppo la nostra situazione economica a casa non era buona, non potevamo permetterci nemmeno le medicine per mio fratello, così la scelta è stata obbligata. Mia madre, però, non voleva che la famiglia fosse divisa e ha raggiunto mio padre in Italia prima con Sebastian e poi con Madalina. Nel frattempo io ero rimasta in Romania, a Bucarest da sola. Portare anche me era complicato, proprio perché facevo parte della nazionale».
Come sei arrivata in Italia, quindi?
«Sono venuta qui durante un’estate e ho potuto fare alcuni stage, prima a Sacile e quindi a Udine, dove ho incontrato la mia allenatrice, Spela Dragas, che mi conosceva già. Era stata una dei giudici che mi aveva valutato in alcune gare in Romania. Mia mamma le ha parlato, chiedendole di prendermi con lei, ma c’era sempre il problema di farmi trasferire in Italia. Spela non credeva che sarei tornata una volta partita, e invece sono qui. Abbiamo dovuto chiedere il nulla osta alla Federazione rumena, che per fortuna è arrivato, perché la presidente ha ritenuto che sarebbe stato meglio per me vivere assieme alla mia famiglia in un Paese come l’Italia, piuttosto che restare in Romania. Se non fosse arrivato il suo placet avremmo dovuto pagare una multa salatissima».
Alexandra, ma tu ti senti italiana al cento per cento?
«Certo. Quando sono arrivata avevo 10 anni. Il solo che parlava italiano era mio papà, noi abbiamo imparato piano piano. Spela mi ha aiutato molto, insegnandomi la lingua con i libricini di sua figlia Tara, ma io ero felicissima, perché potevo stare con mia mamma, con i miei fratelli e con papà. All’inizio non è stato facile nemmeno ricompattare la famiglia, perché siamo stati tanto tempo divisi, soprattutto con mio padre, ma poi è andato tutto bene. Io mi sento italiana a tutti gli effetti, al di là della cittadinanza che ho ottenuto. Solamente in casa parliamo rumeno e manteniamo qualche vecchia tradizione, ma sinceramente se devo esprimermi lo faccio spontaneamente in italiano».
Cosa pensi dello ius soli e del diritto dei figli di immigrati di essere italiani per nascita?
«Sono favorevole. Se nasci in Italia e vivi come cittadino italiano lo devi essere di fatto. Mi sembra quasi ovvio, no?».
E sui tanti arrivi dal mare dei richiedenti asilo, invece, che opinione hai?
«Penso che ci dovrebbero essere maggiori controlli. Non trovo giusto che chiunque possa arrivare in Italia come accade ora. Stiamo perdendo il senso di sicurezza e con questo anche il desiderio di stare in questo bellissimo Paese. Soprattutto in un periodo difficile come quello minato dal terrorismo. In Romania ci sono le frontiere e le dogane... In Italia ci sono pochi controlli, alcune politiche andrebbero riviste».
Alexandra, sei contenta di vestire i colori dell’Italia e di essere italiana?
«Molto. La mia vita in Romania sarebbe stata diversa. Se tornassi indietro rifarei tutto allo stesso modo».
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