A tutto Marino: «La mia Udinese e i colpi per Pozzo»

L’ex dg tra ricordi e la sfida con l’Atalanta: «Sono due squadre che si equivalgono»
Bergamo 28 Luglio 2012.Amichevole Atalanta-Udinese. Telefoto Copyright Petrussi Foto Press / Diego Petrussi
Bergamo 28 Luglio 2012.Amichevole Atalanta-Udinese. Telefoto Copyright Petrussi Foto Press / Diego Petrussi

LIGNANO. Udinese-Atalanta in programma mercoledì alle 12.30 allo stadio Friuli apre il 2016 bianconero. La sfida con i bergamaschi è, al pari di Udinese-Napoli, “la partita” di Pierpaolo Marino che tra Udine e Bergamo ha trascorso una consistente fetta di carriera. Il dg apre l’album dei ricordi svelando particolari di colpi e flop di mercato, di allenatori e di un rapporto speciale che lo lega a Pozzo e al presidente dell’Atalanta Percassi.

Marino, partiamo da una considerazione: sia da Udine che da Bergamo se n’è andato lei. Perchè?

«Sono cresciuto alla scuola di un grande manager come Italo Allodi che diceva sempre: “bisogna andarsene quando le cose vanno bene”. In effetti i cicli durano da tre a cinque anni, poi la figura di un dirigente si svuota».

Lei ha vissuto due parentesi a Udine. Quale la più fortunata?

«Non c’è una migliore dell’altra. Nella prima ho scoperto che a Udine si poteva arrivare in alto in classifica, nella seconda, dopo un avvio tribolato abbiamo vissuto una parentesi favolosa con Spalletti che ritornò dopo la parentesi di un anno prima».

É vero che Pozzo non era convinto della scelta?

«Quando mandammo via De Canio andammo io e Pozzo a firmare il contratto con Spalletti nell’hotel a fianco dell’aeroporto di Venezia e durante il viaggio il paron mi continuava a chiedere se ero sicuro della scelta. Diceva che era un allenatore che portava male perchè era retrocesso con Venezia e Sampdoria. Non vi dico cosa mi disse quando pareggiammo a Reggio Calabria subendo gol dal portiere Taibi a tempo scaduto. Però l’allenatore era di valore e furono i giocatori con Bertotto in testa a rivolerlo l’estate successiva».

Il suo colpo di mercato migliore a Udine?

«Sarebbe facile dire Di Natale, che tra l’altro fu l’ultimo perchè pochi giorni dopo lasciai per andare a Napoli, e invece dico Iaquinta. Andai a Lignano a vedere l’Under 21 di C per dare un giudizio definitivo su Manfredini, che poi acquistammo, ma rimasi colpito da quell’attaccante alto e magro che giocava nel Castel di Sangro e che poi è diventato campione del mondo. In tutto lo pagammo meno di due miliardi di lire».

Il colpo di mercato a Bergamo?

«Se lo giocano Denis e Maxi Morales. Ma non scarterei nemmeno Benalouane: lo acquistai a gennaio per un milione, è stato rivenduto a otto e mezzo».

E l’abbaglio in bianconero?

«Gaarde. Ma l’errore fu mio e di Pozzo assieme. Impressionò entrambi quando lo affrontammo con l’Aalborg. In realtà non aveva la testa per fare il calciatore. Del danese conservo un’immagine: stava sempre nella vasca idromassaggio e mangiava banane».

L’errore di mercato a Bergamo?

«Facundo Parra. Era un prestito oneroso e comunque il giocatore valeva, ma non rese quello che pensavo».

É vero che l’Atalanta ha sempre visto nell’Udinese un riferimento da imitare?

«Sì, anche se a Bergamo si è investito sempre molto nel settore giovanile. I Pozzo sono stati imitati a livello di politica globale sui mercati esteri e anche per quanto riguarda le strutture. Gli architetti del presidente Percassi hanno trascorso una giornata a Udine per prendere spunto e ristrutturare il centro sportivo di Zingonia dove si allena l’Atalanta».

Marino, fino a pochi anni fa l’Udinese lanciava moltissimo giovani. Oggi un po’ meno. Secondo lei è cambiata la politica societaria dopo l’acquisto di Granada e Watford?

«No, credo che questo sia semplicemente un momento figlio delle circostanze».

Mercoledì si gioca Udinese-Atalanta. Sarà in tribuna?

«No, ero al Friuli per la sfida di Coppa Italia che era quasi una sfida amichevole e perchè ero stato invitato da Luca Percassi. Stavolta diserterò anche perchè rischierei di alzarmi in piedi sia quando segnerà l’Udinese sia quando farà gol l’Atalanta».

Nessuno meglio di lei conosce nei minimi particolari i due allenatori: Colantuono lo ha avuto a Bergamo cinque anni, con Reja ha lavorato a Napoli e poi lo scorso marzo ha chiamato alla guida dell’Atalanta.

«Colantuono è il Mazzone del terzo millennio. Lo ricorda caratterialmente, ma anche per il modo di fare calcio e per la competenza. É una persona buona, leale, un lavoratore con la mentalità dell’operaio. Difficilmente riuscivo ad arrivare a Zingonia prima di lui. Alle otto e mezza del mattino era già lì, e fino a sera non se ne andava».

Un difetto?

«É troppo permaloso, ogni tanto gli parte la brocca a si fa tradire dall’irruenza».

É il momento di Reja.

«Non riesco a capire come Edy non abbia mai allenato l’Udinese. Lui è un vero tifoso dei bianconeri. Credevo che il momento propizio fosse nell’estate in cui se ne andò Guidolin e fu scelto Stramaccioni. Reja è un maestro di calcio, un gentiluomo. É meno intenso di Colantuono che per gestire la squadra sceglie la strada della tensione. Lui è per la serenità. E poi ha avuto il merito di aggiornarsi. Il 4-3-3 con il quale fa giocare l’Atalanta è moderno e ricorda il 4-3-3 del Napoli di Sarri».

Il fatto è che gli hanno venduto Maxi Lopez.

«É il ragazzo che ha voluto andare via. E comunque sarà sostituito adeguatamente, credo con El Kaddouri».

Ci siamo dimenticati del difetto di Reja...

«Nei momenti di difficoltà ha la dimissione facile, bisogna coccolarlo un po’ per farlo tornare sui suoi passi».

Atalanta punti 24, Udinese 21. Dove sta la differenza? Nel fatto forse che Reja ha conosciuto la squadra già alla fine della passata stagione?

«Non credo anche perchè l’assetto è cambiato. Credo che all’Udinese manchino quei punti che avrebbe potuto conquistare senza l’infortunio di Zapata. Specialmente in casa i bianconeri hanno pagato la sua assenza».

Gli organici di Udinese e Atalanta si equivalgono a suo avviso?

«Direi di sì. Si tratta di due squadre che possono puntare al massimo alla nova-decima posizione. L’Atalanta, forse, potrebbe anche arrivare più in alto ma in questo momento paga i problemi in fase realizzativa. Denis e Pinilla hanno fatto assieme meno gol di Gomez».

Marino, la sua stagione da incorniciare a Bergamo qual è?

«Sicuramente quella della salvezza conquistata partendo da meno sei. Fu davvero un’impresa perchè fino a Ferragosto non sapevamo se avremmo fatto il campionato di A o quello di B. Costruimmo la squadra in poco tempo facendo cinque acquisti in una settimana».

E quella di Udine?

«La prima di Spalletti. In pratica avevamo la stessa squadra dell’anno precedente con l’aggiunta di Sensini e Jankulovski. Ci muovemmo soprattutto in uscita eliminando i giocatori che avevano creato problemi in spogliatoio: in questo senso fummo chirurgici».

Il suo rimpianto in panchina?

«Ventura. Il tempo mi ha dato ragione sul valore di questo allenatore, lo ha riconosciuto anche Pozzo».

Marino, ma è vero che lei andava d’accordo con il paron e meno con Gino?

«Assolutamente no. Gino mi ha sempre trattato alla pari e come uno di famiglia».

Quando la rivedremo in pista?

«Ho rifiutato un paio di proposte, per ora sto bene così».

In Friuli si dice che prima o poi tornerà a Udine...

«Gianpaolo ogni tanto pubblicamente fa una battuta dicendo che io e lui dobbiamo chiudere assieme la carriera calcistica. I tempi non si conoscono, comunque mai dire mai».

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