Il ritorno di Abel Balbo: «L’Udinese mi piace ma serve coraggio»

Parla l’ex attaccante argentino: «All’Olimpico contro la Roma però non mi ha convinto. Inutile chiudersi in difesa»

Pietro Oleotto
Abel Balbo è stato ospite in Friuli per un pranzo Là di Moret
Abel Balbo è stato ospite in Friuli per un pranzo Là di Moret

C’è un filo conduttore se parli di calcio oggi con Abel Balbo. Il coraggio che dovrebbe avere sempre l’Udinese e che «all’Olimpico contro la Roma non ho visto», il coraggio che ha l’ex attaccante argentino che ora vuole rimettersi in pista da allenatore in Europa, dopo le esperienze in Sudamerica, il coraggio «di lanciare un giovane, spesso qui in Italia si guarda solo la carta d’identità». Tutte parole spese Là di Moret, invitato a un pranzo tra amici che ha stimolato una lunga chiacchierata a 360 gradi, accesa dalle miserie della nostra Nazionale.

Balbo, l’Italia dovrà passare di nuovo per i play-off se vorrà andare ai Mondiali...

«Credo che il calcio sia davvero cambiato dai miei tempi. Ormai è un fenomeno globale, calciatori di una nazionale come la Norvegia, che ha vinto il girone degli azzurri, sono abituati a grandi palcoscenici come la Premier, la Champions. Insomma, non basta una maglia gloriosa come quella dell’Italia a spaventare avversarie meno blasonate. Devi giocartela con tutte. In più qui c’è più di qualche problema alla base: nei settori giovanili non si lavora per far crescere i giovani, ma per vincere».

Pare di capire che ha visto più di qualche esempio da censurare...

«Ho lavorato a lungo anche sui giovani. Pensate che l’ho fatto assieme all’attuale ct azzurro, Rino Gattuso. Assieme abbiamo girato parecchio, in particolare nel Nord dell’America per dei clinic. So cosa serve e su cosa si lavora: il gioco è fondamentale fino ai 14 anni, poi si pensa a costruire un calciatore, individualmente. Senza riproporre l’allenamento del Milan o di un altra squadra di professionisti. Sono due cose diverse».

Lei ha lavorato negli ultimi anni in patria: sta pensando di rientrare nel calcio europeo?

«Sì, mi piacerebbe tornare ad allenare in Italia dopo le esperienze che ho avuto anni fa a Treviso e ad Arezzo. La famiglia ormai risiede qui in Italia, Roma è la mia città, in Argentina ho allenato l’Estudiantes La Plata e, in due periodi distinti, il Central Cordoba a 700 chilometri da Buenos Aires: stavo due giorni quando volevo tornare a casa, perciò adesso vorrei fare l’allenatore qui».

In Italia? Anche in un settore giovanile?

«No, posso dare il meglio in una squadra professionistica. In Italia, in A o in B, la serie non conta, conta il progetto».

Qui il Pallone ha fatto dei passi indietro...

«Parlo degli aspetti tecnici, per quelli economici bisognerebbe interrogare un dirigente, un esperto. Il calcio che si gioca in Italia ha perso terreno in termini di qualità. Prendete la Roma: è prima in classifica, meritatamente, senza un vero centravanti. Sarebbe stato inimmaginabile 25 anni fa».

Quindi la Serie A la sta seguendo bene?

«Certo. E non solo alla tv. Dal vivo si colgono tutti gli aspetti di una partita. La prossima? Sarò a Verona per vedere la sfida col Parma che schiera un mio ex giocatore: già all’Estudiantes Pellegrino era un gran bel prospetto. Il Verona l’ho visto già all’Olimpico con la Roma, dove non meritava di perdere. Là ho seguito anche l’Udinese, prima della sosta».

L’impressione sui bianconeri?

«Non mi sono piaciuti. Un peccato: serviva un po’ più di quel coraggio che non ho visto. Inutile chiudersi in difesa senza proporre molto per sperare di pareggiare. Il calcio adesso premia la vittoria».

Balbo, ma quanto vale questa Udinese?

«È una squadra di medio-alto livello. Obiettivi? Serve continuità, ma i valori sono ottimi, la famiglia Pozzo sa come fare calcio: hanno assemblato una squadra fisica con dei talenti da mettere in mostra».

Arthur Atta sembra un gradino sopra gli altri...

«Gran bel giocatore, ma a me piace anche un altro che può diventare una seconda punta di livello: Bravo». 

 

Il libro sul Fair Play di Damele e l’invito di ritornare in Friuli

L’occasione per donargli il suo libro “Fair Play” e invitarlo in Friuli per una rimpatriata dopo pochi giorni. L’incontro a Roma tra il giornalista Daniele Damele e Abel Balbo ha riportato il campione argentino nella nostra terra, dandogli la possibilità di leggere un pezzo della storia calcistica di Udinese prima del suo avvento in bianconero, visto che sono due i capitoli del libro che pongono in risalto l’esempio etico di Zico.

“Fair play” è infatti una raccolta di articoli scritti da Damele per il web che ha come unico obiettivo porre in evidenza dei modelli comportamentali leali di protagonisti internazionali e italiani dello sport nel corso della loro carriera.

Il volume è stato edito da Kepown a livello cartaceo, ma è disponibile on line gratuitamente per chiunque lo desiderasse leggere all’indirizzo Kepown.com. 

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