Vanessa Gravina al teatrone di Udine: l’attualità di Pirandello
L’attrice in scena con L’uomo la bestia la virtù: «Meraviglioso amico di scena». Il regista Roberto Valerio: «Un copione che interagisce con il pubblico moderno»

Pirandello riuscì a lanciare lungimiranti sguardi oltre il Novecento, una specie di Schengen artistica, la sua, senza confini temporali. Un drammaturgo da leggere e da rileggere oggi per cogliere le analisi critiche verso un’umanità che sempre fatica a tagliare il cordone ombelicale con le cattive abitudini.
“L’uomo la bestia e la virtù”, scrive il direttore della prosa del Giovanni da Udine, Roberto Valerio, nonché regista della messinscena inaugurale — da domani, giovedì 16 a sabato 18 —: «È una commedia stranamente divertente, piena di situazioni anche comiche, dove però l’apparente semplicità del classico triangolo amoroso (marito, moglie e amante) cela tematiche forti che dialogano con la contemporaneità».
L’adattamento è dello stesso Valerio. In scena: Vanessa Gravina, Max Malatesta e Nicola Rignanese, affiancati da Beatrice Fedi, Massimo Grigò, Franca Penone, Lorenzo Prestipino, Mario Valiani. Venerdì 17, alle 17.30, è programmato l’incontro con la compagnia. Al Teatrone, ovviamente. La novità di questo incipit della ventinovesima stagione è la collaborazione del Giovanni con la produzione Teatri di Pistoia. Infatti le prove, alcune pure aperte, hanno goduto del fondale del teatro cittadino. Un assaggio, forse, di un corso inedito che non prevederà, negli anni a venire, solamente l’accoglienza.
Pirandello è sempre un ottimo compagno di palcoscenico. Dove sta la sua forza?
Valerio: «Io amo i classici di casa, ci concedono il grande piacere di recitare nella lingua italiana. Affrontando drammaturghi come Shakespeare e Schiller, per citarne due a caso, devi comunque fidarti delle traduzioni. Quest’opera pirandelliana è stata una scelta di cuore per la profondità dei pensieri che rilascia: l’ipocrisia su tutto, già peraltro affrontata nel “Tartufo” di Molière. Inoltre L’uomo la bestia e la virtù è “il” testo-manifesto di Pirandello».
Gravina: «La grandezza sta nella sua scrittura: lui non soltanto crea la circostanza, traccia la psicologia dei personaggi. La punteggiatura è precisa, segna la strada all’attore. Pirandello è un meraviglioso amico di scena. Già ho avuto l’onore d’interpretare in passato “Vestire gli ignudi” e “Il piacere dell’onestà”, diretta dalla Cavani».
Varie tematiche s’incrociano: il perbenismo, salvare le apparenze… La morale conta ancora qualcosa?
Valerio: «Il testo ha più di cento anni: è del 1919. Incredibile come la parola riesca ancora a raggiungere problematiche odierne come fossero state affrontate la settimana scorsa: la grande sfida di un copione antico è “farlo” interagire col pubblico moderno».
Gravina: «L’apparenza, ma soprattutto l’apparire, e un finto conformismo suonano bene nell’epoca del dominio social, ovvero il luogo dell’immagine forzata, manipolata e photoshoppata, dove chiunque sorride e poi, a cellulare spento, offre il lato peggiore. La morale qui è bigotta e retrograda. Anche la condizione della donna va rilevata. Pirandello è l’autore più femminista che io abbia mai frequentato».
Le storie degli autori del passato, fra cent’anni, saranno ancora lì. La drammaturgia contemporanea?
Gravina: «Entro nel personale. Di recente ho affrontato “Pazza” di Tom Topor. Ecco, questo è un esempio tangibile di un autore capace di sviscerare episodi moderni di gran qualità. Ce ne sono altri, eh. Dico che il pubblico italiano dovrebbe cominciare ad affacciarsi su questo mondo con speranza e non favorire solamente chi assicura loro la piena fiducia come, appunto, i nomi eccellenti della prosa di secoli fa. Dobbiamo osare, è necessario farlo per garantire la vita futura del palcoscenico. Penso a David Mamet, eccezionale artista. Credo che con gente così avremo sempre la strada libera da ostacoli».
Valerio: «Non amo particolarmente la drammaturgia contemporanea tranne rari casi. Devo rilevare che non ha la stessa forza dei monumenti teatrali sia per le tematiche e sia per l’espressione, a volte, troppo televisiva».
Un gesto importante è stato assistere una messinscena modellata proprio a Udine, che poi prenderà il largo in Italia. Valerio, lo possiamo identificare come un segno di rinnovamento?
«Dopo tanti anni il Giovanni da Udine torna a collaborare, sì: è un’azione importante. C’è dell’altro. Intenti comuni favoriscono un via vai di idee e d’intenti fra noi del Giovanni da Udine e la Nico Pepe — in compagnia lavora Prestipino, un giovane diplomato all’Accademia di Udine — e con il Css. Fra l’altro, vorrei ricordare che una delle repliche, sabato 18, sarà accessibile ai disabili sensoriali. Un lavoro che noi tutti abbiamo affrontato con grande responsabilità».
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