Valentina Carnelutti: "Con Virzì abbiamo liberato le nostre fragilità nascoste"

L’attrice di origini friulane, nel cast de “La pazza gioia”, sarà al ShorTS di Trieste. «Per costruire Veronica di “Squadra antimafia” mi sono ispirata ai nostri politici»

TRIESTE. La frega il cognome: Carnelutti. Ha un che di furlan. «In realtà - anticipa lei - il bisnonno era sì della zona vostra, ma non fatemi passare per un’attrice friulana, come qualcuno ha scritto. Le faccio lo spelling, così chiarisco subito: nata a Milano da padre veneziano, con avi argentini e francesi, studi americani, casa in Messico, parlo cinque lingue.

Per quanto mi riguarda i confini potrebbero serenamente non esistere. Anche le origini non contano un granché. Giudico le persone per ciò che fanno, non dall’albero genealogico».

La domanda, a questa lunga risposta, è immaginabile. E vien fuori il Friuli, ovvio. Valentina è ormai pronta come uno scattista sui blocchi di partenza quando le arriva una telefonata dal profondo Nord Est.

Il lavoro - diremmo meglio il cinema, pane quotidiano in compagnia di teatro, televisione e musica - la riporta in patria, più o meno, ecco.

Sebbene Trieste sia tutt’altra location rispetto alla terra dei padri. Comunque dal primo al nove luglio ShorTS riprenderà a macinare cinematografo e sette saranno le opere prime in concorso.

L’indipendente Arianna, di Carlo Lavagna con Valentina Carnelutti protagonista assieme alla giovanissima Ondina Quadri, gareggerà con la forza di una tematica sensibile: una diciannovenne ai primi approcci sessuali.

«Ho combattuto parecchio per quel ruolo, come d’altronde per tutti gli altri; è sempre una metamorfosi intrigante. Be’, mia figlia è bionda con gli occhi azzurri, io sono mora con gli occhi scuri. L’estetica è soltanto un aspetto, il rimescolamento interiore è la vera sfida ogni volta che ti puntano una cinepresa addosso».

A pochi fotogrammi di distanza ci sta un’altra pellicola - La pazza gioia - di travolgente passaggio. Valentina è Fiamma Zappa, una delle operatrici di villa Biondi, comunità terapeutica per signore non proprio in linea.

«Le dirò: appena scendo dal set cerco di dimenticare. Il mio l’ho fatto, sono costretta a pensare al prossimo. Immaginavo potesse piacere molto, La pazza gioia, Virzì è straordinario e sa come far muovere le storie. Forse non avrei scommesso su una così unanime critica, ecco.

Credo di conoscere anche il perché del successo. Il film ha mostrato le fragilità umane senza filtri, solitamente nascoste dal perbenismo e da quell’immagine che questa epoca difende con le unghie.

Nessuno può permettersi il lusso di offrire il fianco debole a chicchessia, dobbiamo star dritti ed energici, manifestare perfezione non paure. Paolo, invece, ha messo metaforicamente a nudo due magnifiche donne. Ed è stato amore».

Chi di Squadra antimafia si è nutrito in questi anni, avrà ricordi precisi di una signora poco pulita, Veronica Colombo, politica scaltra scivolata nella mafia. Femmina crudele.

«Può darsi lo sia, l’evidenza frena l’immaginazione. Io opterei per disperata. Questi hanno energia negativa da vendere. In origine, forse, qualcosa di buono fluttuava in loro.

Poi capita l’irreparabile e ’sta gente sbrocca di brutto. Davanti allo specchio, preparando Veronica, ho avuto un paio di utili folgorazioni: Crudelia De Mon e i nostri politici italiani».

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