Boosta a Sacile con il Soloist Tour: «Ogni concerto è un’emozione»

Il cofondatore dei Subsonica al teatro Zancanaro venerdì 9 maggio alle 21: «Sul palco con il pianoforte e l’elettronica»

Elisa Russo
Davide “Boosta” Dileo, venerdì 9 al Teatro Zancanaro di Sacile
Davide “Boosta” Dileo, venerdì 9 al Teatro Zancanaro di Sacile

Ha tante anime Davide “Boosta” Dileo, conosciuto da molti come co-fondatore e tastierista dei Subsonica. Parallelamente alla band torinese, che si prepara a festeggiare il trentennale nel 2026, porta avanti un progetto solista e proprio con il “Soloist Tour” venerdì 9 maggio, alle 21 arriva al Teatro Zancanaro di Sacile, in un concerto organizzato dal Circolo Controtempo in esclusiva regionale. Dimenticatevi insomma la mitica tastiera a molla: questa volta Boosta, in versione più intima, sfodera un pianoforte a coda, un Fender Rhodes e una postazione elettronica.

Dileo, il tour è partito il 29 aprile da Vicenza, come sono andate le prime date?

«Molto bene, ne sono felice, emozionante l’abbraccio del pubblico e dei luoghi che ci hanno ospitato, partire dal teatro più antico del mondo, l’Olimpico di Vicenza, è una responsabilità. Sono posti che si riempiono di persone che hanno voglia di fare un viaggio insieme… insomma sono già innamorato di questo tour».

Torna a Nord Est l’8 maggio a Mestre e il 9 a Sacile. Riesce a fermarsi un po’ o è la solita toccata e fuga?

«Mi piace visitare i luoghi, mi faccio portare in giro da buon turista; questo tour è molto più tranquillo, sono da solo e ho tempo di godermi un po’ di più il viaggio, sia sul palco che fuori e questo è uno dei motivi per cui scegliamo di fare musica: la possibilità di girare, incontrare persone che fanno una vita diversa dalla tua, sentire i racconti».

Che strumentazione ha sul palco?

«C’è il pianoforte al centro di tutto, è lo strumento principe di questo concerto, poi c’è l’elettronica attraverso cui il pianoforte viene manipolato e una versione contemporanea tra il theremin e l’Onde Martenot che sono molto poetici e romantici e si inseriscono benissimo in questo contesto, in un concerto che diventa la colonna sonora del silenzio di chi lo ascolta».

La scaletta pesca dai suoi tre album?

«Molto dal nuovo “Soloist” ma anche dai precedenti “Facile” e “Post Piano Sessions” che rappresentano la mia calligrafia, il mio modo di scrivere adesso».

Ha dichiarato che comporre è fare archeologia, cosa intende?

«Nel processo creativo ogni tanto suonando, toccando uno strumento o anche solo pensando ad altro ti imbatti in qualcosa, in un coccio che emerge dal terreno e piano piano inizi col tuo spazzolino (il computer, la band) a pulirlo per vedere se è semplicemente una bottiglia degli anni ’60 oppure una stanza di Pompei ancora da scoprire».

Come ha scelto “Black Hole Sun” dei Soundgarden, unica cover del nuovo disco?

«Struggente, bellissimo, è stato un collante di memorie per quello che ho vissuto io e oggettivamente è un grande brano, con una melodia straordinaria».

Oltre che in digitale, “Soloist” è disponibile in vinile.

«È molto bello avere la prova tangibile di quello che hai registrato, in quest’epoca di polverizzazione del contenuto attraverso le piattaforme di streaming, e con il vinile non puoi “skippare”».

Ci sono giovani tra il pubblico?

«Qualcuno di quelli che si definiscono “young adult”, qualche ragazzo più maturo. I fan dei Subsonica? Forse non tantissimi, ma non è una cosa che mi preoccupa, perché la musica è uno strumento e serve a soddisfare esigenze, uno può avere bisogno dei Subsonica e non di quello che faccio da solo». 

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