Negli ingranaggi della tortura: l’architetto Fornaciari racconta il Brasile

Giovedì 8 maggio la presentazione del libro Libreria Moderna Udinese, nell’ambito del Festival vicino/lontano

Martina Delpiccolo
L’architetto Sacha Fornaciari, autore del libro sul Brasile
L’architetto Sacha Fornaciari, autore del libro sul Brasile

Non è uno dei suoi viaggi tra i vuoti e i pieni delle costruzioni o nella dimensione del sacro. Questa volta, l’architetto Christiano Sacha Fornaciari ci conduce nell’ingranaggio della tortura. Un sistema gerarchico, regolamentato con ferocia e lucidità, linguisticamente fantasioso nella scelta dei nomi per i suoi metodi. Rimanda proprio a una pratica di sevizia il titolo del libro La sedia del drago (Edizioni Lindau) con la prefazione di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.

Fornaciari va con la scrittura al Brasile della sua infanzia e adolescenza, a quando guardava alla televisione “Sesame Street”, la versione brasiliana del telefilm “Vita da Strega”, preceduta dalla scritta: “Este programa foi aprovado e liberado pela censura federal”.

Nato a São Paulo del Brasile, ha vissuto nel paese sudamericano fino al 1978, sotto il giogo della dittatura militare. È un bambino quando, da gesti e parole, percepisce la minaccia di uno sconosciuto nei confronti del padre: «Dì a tuo papà che non vuoi tornare a casa da solo». L’autore descrive la rabbia del genitore che deve fare i conti con questo soffocante sistema.

Il silenzio è uno dei temi sottotraccia del libro. Il silenzio che viene imposto alla madre di Fornaciari, nipote di un socialista storico, amico di Filippo Turati. «Lei sa, vero, che abbiamo orecchie dappertutto?... Lei mi è molto simpatico, abbiamo molti interessi in comune, ma la sua bella moglie parla un po’ troppo. Sa, di questi tempi certe cose è meglio non dirle anche se si è a casa di amici».

In silenzio deve stare la giornalista diciannovenne, incinta, arrestata dalla polizia federale nel 1972 per la sua militanza: nuda, in una stanza buia, senza fiatare o piangere per non attirare il serpente con cui l’hanno rinchiusa. E in silenzio stanno i torturatori che non si pentono, fedeli al loro ruolo. Ma se la tortura zittisce la personalità, le persone sopravvissute alle sevizie parlano.

Nel libro, ricordi personali e famigliari si intrecciano con intelligenza e verità a testimonianze, fonti storiche, articoli dell’epoca, documenti originali scovati negli archivi di Stato brasiliani, della Cia del Dipartimento di Stato Usa. L’autore racconta senza sconti «il Brasile dei generali e la brutale dittatura che, nel quadro geopolitico disegnato dalla Guerra Fredda, a partire dal 1964 avrebbe governato il paese per oltre vent'anni, torturando e assassinando gli oppositori politici, perseguitando intellettuali e artisti, discriminando il mondo Lbgtq, ed esercitando una censura pervasiva su ogni mezzo di comunicazione». «Il tempo vissuto in Italia – dice Fornaciari – sarà maggiore di quello trascorso nel paese in cui sono nato. È ormai sempre più raro che io pensi in portoghese, anche se alle messe di Pasqua e Natale continuo a recitare automaticamente il Padre Nostro in quella lingua».

Il titolo del libro rimanda a una sedia elettrica rudimentale, collegata a un generatore a manovella, su cui finisce una mamma che gestiva una tipografia clandestina, Maria Amélia Teles: legata, sporca di vomito e orina, esibita ai figli. È un Brasile poco noto, lontano dallo stereotipo turistico «spiagge, calcio e samba». Il male prende forma, tra le pagine, attraverso liste di proscrizione, prevaricazioni, sistematica cancellazione dei diritti umani, strategia del controllo del dissenso e dell’apparato repressivo, crudeltà dei carnefici senza pietà per le sofferenze delle vittime.

Ventimila sono le persone torturate durante il regime. Un mondo di violenza in cui resiste il coraggio dei dissidenti, lo scarto, tema dell’edizione 2025 di vicino/lontano. Il libro, dedicato a Giorgio ed Emanuela, genitori dell’autore, verrà presentato giovedì 8 maggio alle 18 alla Libreria Moderna Udinese nell’ambito del festival. Con Fornaciari dialogherà l’architetto Paolo Bon. 

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