Un manifesto dei valori umani

Il nostro preferito: è il commovente film coreano “Ode to my father”
Udine 22 Aprile 2015. Antepriam Far East Film 2015. Telefoto Copyright Petrussi Foto Press - Diego Petrussi
Udine 22 Aprile 2015. Antepriam Far East Film 2015. Telefoto Copyright Petrussi Foto Press - Diego Petrussi

UDINE. Piangi. Piangi se hai perso qualcuno a cui tenevi molto, piangi se hai vissuto la guerra, piangi se stai soffrendo per garantire un presente e un futuro dignitoso alla tua famiglia.

Piangi anche solo se sei dotato di un minimo di empatia e di senso critico del presente, perché Ode to my father, per quanto racconti della guerra in Corea e dei suoi contorni sociali tenendo l’obiettivo puntato sulla vita del protagonista Duk-soo, è un film che può parlare di molte altre guerre, di molti altri paesi, di molte altre persone e guardandolo, alla fin fine, non puoi far altro che piangere.

Le fughe dalla disgrazia sono il nostro pane quotidiano e, mano sulla coscienza, non possiamo versare lacrime davanti allo schermo mentre giriamo le spalle a chi annega nei nostri mari. Così Jk Youn riesce, in un sol colpo, a offrirci uno spaccato di storia altrimenti difficile a pensarla (la guerra tra Corea del Nord e Corea del Sud non è questione che ci sta proprio sotto il naso) e a pungolarci gli animi su più livelli.

Non c’è infatti, nel filmone coreano campione d’incassi, solo la triste vicenda di una famiglia spezzata dalla guerra.

C’è anche il senso del dovere di un figlio che ha promesso al padre che fino al suo ritorno si sarebbe preso cura di chi è rimasto, c’è l’attesa straziante di persone che aspetteranno anni prima di rivedersi, c’è la sofferenza del lavoro dei migranti (frugando nella memoria, a molti di noi “minatore in Germania” farà venire in mente qualcosa, magari un nonno, un prozio, un padre scappato dal suo paese cercando soldi da mandare alla famiglia), c’è un amore che non si esaurisce mai.

Che sia per la patria, per una famiglia rimasta a metà, per la compagna che hai scelto per la vita e che aspetterà paziente l’estinzione di un debito stretto con la tua coscienza. Duk-soo è eroe suo malgrado, infatti.

È eroe, impacciato e maldestro nelle piccole cose quotidiane, che riesce a far ridere quando capitombola in bicicletta o quando gli cade il gelato, ma che prende decisioni coraggiose e difficili per mantenere la parola data da bambino ad un padre che non rivedrà mai più.

Ode to my father non è, dunque, solo o soprattutto un film storico, ma è un manifesto dei valori umani ormai sempre più sbiaditi, che rivivono forti solo quando chiudendo gli occhi pensiamo ai sacrifici dei nostri avi. Onore, amore, coraggio e senso del dovere prima di ogni altra cosa.

Anche prima di se stessi e della propria vita. Spogliati dei lussi, privati degli agi, messi a nudo di fronte alla sofferenza, l’unica arma che resta all’uomo è sempre e solo la sua dignità di essere umano.

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