A Pordenone arriva Francesco Piccolo con Il gattopardo: viaggio tra disavventura e zone d’ombre
Lo sceneggiatore protagonista di un monologo al Verdi, in porgramma mercoledì 2 luglio. «Sia Mondadori che Einaudi non lo vollero stampare»

Nel 1959 il Premio Strega fu consegnato a Gian Giacomo Feltrinelli, l’editore de “Il Gattopardo”, il libro del principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa che vinse con 135 voti contro i 98 de “La casa della vita” di Mario Praz. L’autore palermitano morì due anni prima con la certezza che il suo scritto mai sarebbe stato pubblicato. «Sia Mondadori sia Einaudi non ne vollero sapere di stampare quella storia», racconta Francesco Piccolo uno degli sceneggiatori più prolifici e ammirati del nostro cinema, a sua volta Premio Strega 2014 con “Il desiderio di essere come tutti”.
L’occasione sarà imperdibile — mercoledì 2 luglio al Teatro Verdi di Pordenone dalle 21 — per ascoltarlo nell’unica tappa di un tour che solitamente viaggia d’inverno dal titolo “Il Gattopardo - Una storia incredibile”, avvincente monologo su disavventure, segreti e zone d’ombra del più celebrato romanzo del Novecento, diventato con Visconti e Lancaster una pellicola altrettanto illuminata.
Come si è ritrovato a trattare l’opera delle opere?
«Il settantesimo di Feltrinelli ha incitato parecchi ragionamenti giunti alla conclusione che una lunga sosta nel palazzo dei Salina avrebbe creato un evento intrigante. La vicenda è incredibile, appunto, ma non è un aggettivo scelto soltanto per stupire e basta, il cammino del solitario Giuseppe per arrivare a riempire risme di carta con una vicenda a lui particolarmente cara, è diventata materia per un buon saggio che abbiamo pensato di trasformare in una messinscena».
È prevista una colta discesa negli anni Cinquanta nel momento in cui il nobiluomo comincia ad affrontare il progetto della vita?
«Cercherò di rivelare il sentimento culturale di allora e su come i libri e il cinematografo stavano al centro dei dibattiti di un intero Paese. La cultura rappresentava una risorsa per la politica, ecco, questo fatto va messo in rilievo. C’è, inoltre, un’intensa galleria di personaggi – Maria Bellonci, Elio Vittorini, Eugenio Montale - che entrano in gioco quando il componimento comincia a circolare. Il rifiuto iniziale non scoraggiò Tomasi di Lampedusa che però se ne andò — si diceva — senza la soddisfazione di avercela fatta».
Torniamo allo Strega 1959: in cinquina ci stava Pier Paolo Pasolini con “Una vita violenta” (Garzanti). Arrivò terzo. Ma il poeta di Casarsa attaccò “Il Gattopardo”.
«Solamente perché entrambi lottavano per la vittoria. Pasolini era sostenuto dai progressisti e Tomasi di Lampedusa dalla destra. Poi alcuni intellettuali stranieri fecero capire che, in fondo, “Il Gattopardo” stava posizionato più a sinistra e il Pci si rasserenò».
La politica incideva molto sull’arte a metà del secolo scorso?
«Decisamente più di adesso almeno per quanto riguardava la creatività. Nel bene e nel male. Nel bene perché il sostegno al cinema, alla letteratura, alla pittura, alla musica si manifestava totalizzante, ma se non la pensavi come loro, ovvero sviavi le linee guida del pensiero marxista, non sfondavi di certo».
Ha amato il film di Visconti?
«Moltissimo. Lo vidi per la prima volta da ragazzo in un cineclub. Al tempo vivevo nelle sale, adoravo le letture e la politica. Queste tre manie mi nutrirono da giovane. Ah, fra l’altro Luchino Visconti nemmeno l’avrebbe dovuto dirigere “Il Gattopardo” così come Lancaster non l’avrebbe dovuto interpretare, ma finì nel migliore dei modi».
Lei ha scritto una trentina di grandi sceneggiature per i più acclamati registi italiani: Virzì, Moretti, Archibugi, Bellocchio, Luchetti. C’è un cineasta col quale ha una particolare intesa intellettuale?
«Non si arrabbi, ma preferisco saltare questa risposta. Sono tutti artisti straordinari e non potrei mai improvvisare una classifica».
Mi perdoni Francesco, ho in canna un’altra domanda scomoda: la trasposizione televisiva de “L’amica geniale” di Elena Ferrante è genio suo. Non vogliamo, per carità, ricevere rivelazioni inopportune, ma lei ha capito chi è in realtà la scrittrice?
«(Sorride). Anche qui mi spiace deluderla. Non lo so davvero. Con lei ci si confronta solamente via mail. Non una voce, tantomeno una figura».
Lavora in questo momento su qualcosa d’interessante?
«Le confesso: mi applico con più consapevolezza di me stesso adesso che anni fa. Quindi, la risposta è assolutamente sì. Ma qui mi fermo».
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