Udine ospita una mostra di Spessot con i suoi "omini"

L'arte del vulcanico pittore divenuto famoso anche all’estero sbarca nella chiesa di San Francesco, in via Beato Odorico: la rassegna dal 9 febbraio al 2 aprile

UDINE. L’arte di Silvano Spessot, il vulcanico pittore divenuto famoso anche all’estero grazie ai suoi “omini” sbarca nella chiesa di San Francesco, in via Beato Odorico da Pordenone, a Udine.

“La trentennale” dell’artista, nativo di Cormòns, ma che vive a Rodeano Basso, resterà aperta dal prossimo 9 febbraio (vernice, alle 18) fino al 2 aprile, ogni giovedì dalle 16 alle 19, mentre venerdì, sabato e domenica l’orario per le visite sarà dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19.

Una quarantina le opere, tra cui diverse sculture in metallo e in vetro a rappresentare la maturità di un pittore che, partito da presupposti post impressionistici – come cita la sua biografia – viene folgorato sulla via di Damasco dallo studio delle opere di Jackson Pollock prima e di Alberto Burri in seconda battuta.

La svolta avviene nel 2000 quando s’inventa l’“omino”. Una scoperta geniale che fotografa una delle caratteristiche del nostro mondo: l’apparenza. Spessot è uomo del quotidiano, si mischia tra gente comune, ama le cose semplici, essenziali, aborre l’apparenza, il mondo di plastica, i convenevoli, la ritualità che nasconde bugie. Teme il conformismo e la “marmellata” di un mondo che punta a irreggimentarci.

Per questo inventa gli “omini” senza volto, senza espressione, senza tratti somatici. Vacui e passivi, poco attenti a ciò che li circonda epperò tutti con la cravatta. E, quindi, attenti al superfluo e all’effimero. A ciò che simbolicamente conta nella società dell’apparire.

«Siamo tutti preoccupati di apparire. A costo di dimenticare la nostra anima. E cosí diventiamo anonimi, uguali, massificati, sciatti», afferma Spessot. «Sintesi ed equilibrio della mia arte – insiste – li ho trovati proprio con la serie degli “omini”, dove ho potuto pienamente applicare le mie cognizioni cromatiche sulle superfici a me piú consone». L’omino nel suo anonimato – aveva scritto Giovanna Barbero – sintetizza in sé l’essenza dell’umanità.

Ma sarebbe ingiusto e riduttivo fermarsi a questo aspetto dell’arte spessottiana. Che in realtà è molto di piú e spazia dalle tele a tecnica mista, alle sculture in vetro e in ferro, ai gioielli in oro e argento e altro ancora che viene quotidianamente creato da questo gigione sorridente che da piccino rimaneva incantato di fronte ai dipinti del Caravaggio.

Il suo – nell’aspetto, nel dipingere, nel vivere – non è un anticonformismo di maniera, radical chic per intenderci. Spessot è come lo vedi: autentico come le sue opere; vero come il suo amore per la vita. «È fin troppo facile – dichiara Celiberti, suo grande amico – dire che Silvano è uno dei personaggi più genuini e più autentici che io conosca.

Il suo è un talento che non si ferma mai che non è mai pago. La sua arte è di grande qualità e lo rappresenta in toto. Ed è anche un vero amico».

“La trentennale” sarà presentata dall’attore e artista friulano, Franco Castellano. A lui il compito di raccontare Spessot uomo e artista. Un uomo che attinge alla vita di ogni giorno con ironico disincanto, consapevole che la contemporaneità pullula di troppi “omini” senza qualità, partoriti dal trionfo dell’apparenza.

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