In un libro la storia del partigiano Goffredo: un manifesto di impegno civile

Il comandante Luciano Pradolin, di Tramonti di Sopra, fu ucciso nel 1945 dal nazifascismo. Toccanti le lettere con la fidanzata Gaby

Valerio Marchi
La copertina del volume
La copertina del volume

«Unica cosa che mi sostiene è la fede in Dio e la sicurezza che la mia coscienza è pura e che il mio ideale è sacro»: scriveva così alla sorella Caterina, nell’imminenza dell’11 febbraio 1945, quando morì fucilato davanti al muro del cimitero di Udine assieme ad altre ventidue vittime del nazifascismo, Luciano Pradolin, il comandante partigiano “Goffredo” del Battaglione Val Meduna, originario di Tramonti di Sopra. Una seconda lettera la inviò alla mamma: «Abbi fede come sempre l’hai avuta e pensa con orgoglio a me perché ho fatto il mio dovere e faccio l’ultimo sacrificio per la Patria, per i santi ideali della verità, della libertà e della civiltà».

Entrambe le missive sono già state pubblicate nel libro “Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana”, edito da Einaudi. Ma c’è anche “La terza lettera”, che dà il titolo al prezioso lavoro di Sigfrido Cescut (scomparso recentemente, dopo la prima presentazione del volume) e Martina Tiberti, appena edito da Kappa Vu: come scrive Gianfranco Pagliarulo nella sua Prefazione, il libro, che è un vero e proprio «manifesto di impegno civile», offre «il continuo contrappunto fra le vicende di Luciano e il più ampio scenario della Resistenza nella sua terra».

La “terza lettera” è una foto di Gaby Vincent, la fidanzata francese di Luciano, il quale, da quella foto mai inviata, e trovata nella sua tasca, non si separava mai: essa era infatti, secondo gli autori, «l’ultima arma contro la morte, l’unica ribellione possibile davanti a una condanna certa»; non solo, ma rinvia alla storia del carteggio (il cui recupero è stato possibile grazie ai nipoti di Luciano: Paolo Grillo e Alessio Christian Pradolin) intercorso fra Gaby e Luciano. E sono proprio quelle lettere le principali testimoni di una storia che Loris Parpinel definisce nella sua Presentazione «una delle pagine più belle della Resistenza pordenonese», orme di «un amore così intenso che sembra uscire dalle pagine di quelle opere letterarie di cui entrambi erano culturalmente permeati e affascinati».

È un amore puro e struggente, che si contrappone alla tragedia dell’occupazione tedesca nella Zona di operazioni del Litorale adriatico. Gaby scriveva, fra le tante cose: «Tu sei il mio primo e il mio solo amore… Qualsiasi cosa succeda io ti attenderò sempre»; e Luciano rispondeva: «Nulla mai potrà impedirmi di amarti e di pensare a te». Certo, nel corso della storia umana il loro sogno è stato spezzato; nondimeno, esso è rimasto acceso sub specie aeternitatis giungendo a noi e, secondo la fede dei protagonisti, fino al Cielo. 

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