Udine e la basilica delle Grazie una storia lunga cinque secoli

Il 12 maggio del 1520 la consacrazione della chiesa, uno dei simboli della città Era sorta per custodire un’immagine della Vergine ritenuta miracolosa

L’architetto Carlo Toson, appassionatosi alla storia della Basilica delle Grazie dopo una serie di lavori eseguiti alcuni anni fa, racconta i 500 anni della Basilica delle grazie di Udine, consacrata il 12 maggio del 1520.

Carlo Toson

La Basilica delle Grazie compie 500 anni essendo stata consacrata il 12 maggio 1520. All’inizio della sua storia straordinaria c’è anche un personaggio di rilievo come il cavalier Giovanni Emo, nominato nel 1477 Provveditore veneziano per difendere il Friuli dai Turchi. L’anno dopo, sventato un tentativo di incursione, Emo venne incaricato dalla Serenissima di consolidare la cinta muraria di Udine (e fu la quinta e ultima cerchia, che includeva per la prima volta la chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, all’inizio di Pracchiuso, e l’annesso convento) mentre nel gennaio 1479 divenne luogotenente del Friuli. Il cavalier Emo era stato in precedenza console generale a Costantinopoli e, durante una tregua ventennale tra Venezia e l’Impero ottomano, ricevette in dono dal sultano Maometto II una preziosa tavoletta raffigurante la Vergine. A Udine andò ad abitare in castello dove, in una sua sala, custodì l’icona davanti alla quale avvennero guarigioni insperate, compresa quella di una cuoca che si era tagliata una mano, di cui si diffuse presto la voce in città. Il luogotenente pensò allora che un’immagine taumaturgica non potesse restare in luogo profano e volle trasferirla nella chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, dall’altra parte del Giardin Grande.

L’8 settembre 1479, con solenne processione, si trasportò così l’immagine nella chiesa che poi prese il nome di Beata Vergine delle Grazie o Madonna delle Grazie. L’icona miracolosa, inquadrata dentro un’ancona di legno indorato, venne posta in una cappella a sé. I frati dei Servi di Maria, ai quali Emo l’aveva affidata, erano stati da lui stesso chiamati a Udine con intento riformatore sia dei costumi monacali udinesi sia del monastero. L’insediamento avvenne il 28 luglio 1479 con processione dalla cattedrale a San Gervasio. All’inizio la comunità comprendeva otto frati che, favoriti soprattutto dalla presenza dell’icona, richiamarono subito un gran numero di persone con un servizio fedele alla liturgia, alla predicazione e al Sacramento della penitenza. Visto l’afflusso, il 12 aprile 1495 si decise di porre la prima pietra di una nuova chiesa, in sostituzione dell’antica dedicata a Gervasio e Protasio, e cominciò a essere usata nel 1513 mentre i lavori di rifinitura e decorazione si protrassero fino al 1520, quando appunto venne consacrata il 12 maggio dal vescovo di Caorle, De Rubeis. Alla sua costruzione contribuirono il Comune, tutte le organizzazioni cittadine e l’intera città. Il nuovo edificio, ormai denominato Santa Maria delle Grazie, era a navata unica, di stile architettonico romanico, con facciata adorna di rosone e soffitto diviso in 72 cassettoni, realizzato dal maestro Rocco del Cucitin e ideato da Gaspare Negro. Nel 1517 furono aggiunti da Girolamo Scaramanzo i fioroni in legno dorato. La facciata sulla piazza era semplicemente in mattoni con due grandi finestroni di stile romanico, un rosone e un portale di grande pregio. Su una pietra posta in riva alla roggia, che scorre davanti al santuario, stava un grande crocifisso che delimitava il luogo sacro. A sinistra si estendeva il cimitero. Il Santuario venne completamente rinnovato nel XVIII secolo quando, dal 1730 al 1750, si lavorò su progetto dell’architetto Giorgio Massari (1687-1766), che ristrutturò il tempio sullo stesso schema della chiesa dei Gesuati a Venezia, di cui era autore. Fu prolungata la navata di 18, 26 metri e rialzata di 8, 22. Ristrutturati pure presbiterio e abside, sopraelevato il campanile. Dal 1785 al 1796 si lavorò invece alla ristrutturazione del presbiterio e dell’abside. E qui il disegno è attribuito al barnabita bergamasco Angelo Maria Cortenovis. Il vescovo di Udine Emanuele Lodi riconsacrò così la chiesa il 17 luglio 1831. Infine dal 1838 al 1851 l’architetto Valentino Presani rimodernò la facciata, costruendo il pronao che poggia su quattro colonne, ottenendo così l’aspetto odierno dove nel timpano campeggia la scritta “Gratiarum Virgini Sacrum”.

Recentemente è emerso un documento particolare che in qualche modo racconta come fosse la facciata prima dell’intervento del Presani. Si tratta di un ex voto ritrovato nel convento. La scena, dipinta su una semplice tavola di abete, narra un evento svoltosi in quella che oggi è piazza Primo maggio. Si vedono quattro cavalli con altrettanti cavalieri e sembra ci sia in atto una lotta, visti i bastoni levati in aria, ma potrebbe trattarsi anche di un più modesto imbizzarrimento delle bestie, o dei loro padroni, oppure di tutti. Fatto sta che in mezzo si trova una donna, la probabile beneficiata dalla grazia, che allarga le braccia in segno di impotenza. Sullo sfondo a sinistra si vede la chiesa come doveva essere dopo l’intervento di Giorgio Massari, con facciata in mattoni e finestroni. Il pronao del Presani è in costruzione, si scorge una colonna di tre metri e un’altra appena impostata e tutt’intorno una primitiva impalcatura in legno. La data è il 1840 e le cronache ci dicono che il Presani aveva appunto iniziato il lavoro nel 1838. L’archivio del convento ci rivela ancora che la pietra d’Istria arrivò dall’isola di Brioni al porto di San Giorgio di Nogaro e i parrocchiani aprirono una sottoscrizione per finanziare i lavori. Ma nel 1852 il deputato d’ornato, il famoso architetto Andrea Scala, contestò gli errori di esecuzione della facciata e soprattutto l’erta scalinata frontale, per cui un riatto fu eseguito nel 1871. —



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