Tra sguardo ironico e nobiltà con “Polle. Figlio unico”, la saga di una famiglia istriana

Il giornalista Gian Paolo Polesini si racconta: giovedì 6 luglio la presentazione alla Libreria Moderna di Udine

Fabiana Dallavalle
La copertina di “Polle. Il figlio unico” che sarà presentato a Udine e l’autore, Gian Paolo Polesini
La copertina di “Polle. Il figlio unico” che sarà presentato a Udine e l’autore, Gian Paolo Polesini

UDINE. Non potrà sfuggire ai più attenti che il titolo dell’ultimo libro di Gian Paolo Polesini, Polle il figlio unico, (Orto della Cultura) sia in risonanza con quello di un possente volume, tradotto in tutto il mondo, in cui è narrata la triste e credibile storia di un Principe cadetto con un ingombrante bisogno di riconoscimento da parte della sua Family.

Ma titolo a parte, la scelta dell’immagine, annuncia tra i due libri, una differenza sostanziale. Tanto è corrucciato il barbuto Harry, tanto è divertito il piccolo Polle, seienne al momento dello scatto, emblematicamente scelto per annunciare i contenuti divertiti e divertenti dei ventiquattro capitoli del libro che verrà presentato giovedì 6 luglio, alle 20.45, alla Libreria Moderna, a Udine, in dialogo con il direttore del Messaggero Veneto, Paolo Mosanghini.

«Ho più nomi, annessi e connessi, che stanze nel mio appartamento. Più semplicemente gli amici mi chiamano Polle. Un soprannome efficace. Non ci dovrebbe mai essere vanto da parte delle generazioni successive, scrive il giornalista nella prima pagina del suo libro. I nobili altezzosi sono insopportabili, in quanto la carica è ereditaria, in via maschile, ma il merito è degli avi».

Understatement, per dirla con gli inglesi. Il marchese Polesini, sceglie di raccontare la nobiltà, quella di un casato azzerato dalla Storia, da un inedito punto di vista, l’ironia e lo fa grazie a una scrittura allenata da quarant’anni di mestiere e da uno spirito scanzonato che gli appartiene almeno quanto il titolo nobiliare, restituendo al lettore, senza alcuna pompa magna, l’affresco di un mondo in cui i nobili sono i protagonisti di un “divertissement” osservato dalla platea di un bel teatro d’epoca, quando i baciamano alle anziane contesse erano d’obbligo e si indossava lo smoking per andare a certe feste.

Ultimo discendente della dinastia dei marchesi Polesini, Gian Paolo non è nuovo ai racconti di famiglia.

Già nel 2007 scrisse “Sangue Blu” peripezie, curiosità, racconti di settecento anni di storia familiare fra visite di Imperatori e il triste esodo, quando il nonno e il papà furono costretti a lasciare l’amata isola di San Nicola di fronte a Parenzo, il 4 agosto del 1944.

Ma il tono di quello che potrebbe essere l’ultimo episodio di una saga che bene intreccia la storia, anche quella drammatica degli istriani esodati, è molto meno malinconico. Disincantato diremmo, come si addice a chi è nato tredici anni dopo che “la storia era già finita”, sicuramente mai retorico, certamente rispettoso di quella gloria accumulata dalla stirpe in sette secoli.

Se ogni episodio è ricco di fatti divertenti e smart, perché la naftalina non è proprio l’elemento preferito dallo scrittore, soprattutto Polle. Il figlio unico è una macchina del tempo dove si passa agilmente dal Settecento — quando i Polesini furono insigniti del titolo di marchesi dal doge Paolo Ranieri (1788) — ai Sessanta, gli anni della villeggiatura gradese, dai Quaranta, quando il padre Benedetto si ritrovò in Russia quale tenente interprete fra gli ufficiali italiani e quelli tedeschi, fino al 2023 per un finale aperto guarda caso nuovamente istriano o, per meglio dire, croato.

Quello che a fine lettura è senz’altro chiaro è che Polesini, appassionato critico cinematografico, ha ben chiara la lezione di un tale Antonio De Curtis, in arte Totò che fa dire al barone Zazà: “Signori si nasce. E io lo nacqui modestamente”, perché l’importante, nella vita, è non prendersi troppo sul serio. —

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