Tra personaggi e storia, Angoris apre il suo libro dei ricordi

Annodando realtà e fantasia, Stefano Cosma racconta un territorio di confine. Da 370 anni in quella splendida tenuta s’incrociano popoli e culture  

Tutto cominciò con Locatello Locatelli, colonnello asburgico, un eroe nella guerra dei Trent’anni, ritratto in un’incisione seicentesca con sguardo intenso e zazzera sbarazzina. Sotto il suo volto appare una scritta che è diventata nel tempo un motto inossidabile per accompagnare una storia sorprendente cominciata 370 anni fa, e cioè: “Di ben in meglio”.

La data di inizio è collocata attorno al 1649 quando Locatello, proveniente da una famiglia bergamasca, venne compensato dall’imperatore con il dono di ben trecento campi, nella fertile zona di Cormons. Fu il primo nocciolo di quella che in seguito diventò la straordinaria tenuta di Langoris, anzi di Angoris, come venne chiamata ai primi del Novecento.

Un luogo che, con le sue vicende legate alla campagna, ai magnifici vini prodotti, alle sperimentazioni agrarie, all’allevamento di cavalli e al resto di quanto vi è stato fatto, rappresenta un affascinante capitolo di storia dove non manca proprio niente nel catturare l’attenzione perché, in un modo o nell’altro, qui sono passati fior di personaggi.

La singolarità è narrata da dettagli minimi, da cogliere qui e là, se si ha occhio per certe cose. Per esempio, Angoris ha ospitato persino un piccolo zoo il cui re era proprio un leone, di nome Dolfo, che appare in una foto ormai anziano, tranquillamente steso come un gattone mansueto circondato dall’affetto dei guardiani. Invece, per i cultori del gossip letterario, va svelato che ad Angoris, stando a testimonianze affidabili, giunse un giorno Ernest Hemingway mentre nella tenuta alloggiava tutta la troupe del film “Addio alle armi”.

Non fu naturalmente l’unico ospite di riguardo annotato negli archivi perché fecero sosta, tanto per dire, sia l’imperatore Francesco Giuseppe, sceso dal treno alla stazione di Cormons, sia re Vittorio Emanuele III in visita all’ospedale allestito in tempo di guerra, mentre in foto da anni Sessanta appaiono il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e Giulio Andreotti. Immagini di epoche e tono differenti naturalmente, ma significative per spiegare come va il mondo stando ai canoni del momento.

Per addentrarsi in questo universo, tra gustose sorprese e un racconto che viaggia agile annodando realtà e fantasia, adesso c’è un libro indispensabile, pubblicato dall’editrice Leg di Gorizia e che sarà presentato venerdì 20 settembre a pordenonelegge. Si intitola “Langoris. Storie di vini e di cavalieri” e lo ha scritto Stefano Cosma, giornalista, esperto di enogastronomia, conoscitore del pianeta Collio al quale dedicò un bel volume al tempo della guerra per il Tocai.

Stavolta Cosma narra i 370 anni di Angoris (pardòn, Langoris) usando l’espediente del romanzo in quanto la voce narrante diventa quella di Carlotta, infermiera crocerossina nel 1917 e che vi torna anziana nel 1968, quando la tenuta è stata appena acquistata dal cavaliere del lavoro Giulio Locatelli, industriale pordenonese, fondatore di aziende come Scala, Eco, Rhoss e altre, affiancato dai figli Luciano, Pierantonio e Aldo.

Dunque, c’è pure questo da segnalare: fondata da un Locatelli, condottiero militare, Angoris è tornata poi a una famiglia Locatelli, pur non imparentata con la precedente dinastia. In mezzo ci fu un importante periodo che vide come protagonista il conte Luigi Miani. Storia straordinaria la sua visto che, originario di Martignacco, era un facoltoso petroliere (e lavorando con lui si formò anche un certo Angelo Moratti), ottimamente inserito nel jet set romano e internazionale.

Una chicca fra le tante: Luigi fece da testimone alle nozze del secolo, celebrate nel 1949 tra Tyrone Power e Linda Christian. E appunto grazie a Miani sbarcò in Friuli la troupe italo-americana di “Addio alle armi”, con Rock Hudson, Alberto Sordi e compagnia. Appassionato di cavalli, creò un allevamento dove venne a trascorrere anni dorati da stallone pensionato il mitico Ribot.

Il libro di Cosma (scritto grazie alla collaborazione della famiglia Locatelli) propone un viaggio denso di incontri, personaggi, rivelazioni sui grandi vini che lì nascono, immagini d’archivio, fino all’ultimo capitolo, dedicato al tesoro e al classico colpo di scena. La storia, come dice nella prefazione Alessandro Marzo Magno, va narrata proprio così, seguendone rivoletti e pertugi per comprendere infine come l’abile Locatello Locatelli avesse davvero ragione. Ad Angoris, di ben in meglio.

 

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